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Max Beckmann quando la pittura era selvaggia

di Francesco Butturini
Un autoritratto di Max Beckmann del 1938-’39
Un autoritratto di Max Beckmann del 1938-’39
Un autoritratto di Max Beckmann del 1938-’39
Un autoritratto di Max Beckmann del 1938-’39

Erano gli anni d’inizio del XX secolo: tutta l’arte incontrava il nuovo secolo con una profonda voglia di cambiamento, sconvolgendo tutte le regole che avevano animato e sviluppato la ricerca del secolo precedente. Questa rivoluzione avveniva in pittura, nella scultura, nella musica (da Stravinskij alla dodecafonia), nel teatro (Pirandello), perfino nella danza (due per tutti: Diagilev e Nijinsky). I pittori all’inizio del secolo cercavano una nuova primitività, che era non solo un punto di partenza, ma anche un punto di arrivo di una ricerca che aveva ricevuto l’imput dal colonialismo, soprattutto in Africa. La critica li chiamò fauves, selvaggi, primitivi; come primitivi apparivano i pittori naïf. Pensate alle Démoiselles d’Avignon di Picasso: l’opera è del 1907. A quella data si incontrano le opere più interessanti di Matisse, ad esempio. Però si deve risalire al Salon parigino del 1886 per incontrare ufficialmente il primo grande naif, Henri Rousseau il Doganiere. E che dire dei primitivismi di Gauguin? La ricaduta di questa esplosione vedrà la nascita dei cubismi, dei futurismi, e, più in là nel tempo, di tutte le forme dada; nel primo dopoguerra i vari ritorni all’ordine non rinnegarono mai quanto prima l’arte aveva cercato di trovare. Dentro questa trama complessa e vitale vorrei collocare la ricerca di Max Beckmann (Lipsia 1884-New York 1950), cui il Museo d’Arte di Mendrisio dedica una bella e ricca antologica: «Max Beckmann – Dipinti, sculture, acquerello, disegni e grafiche», curata da Siegfried Gohr e Simone Soldini (catalogo edito dal Museo d’Arte d Mendrisio). Le 119 opere in mostra (fino al 27 gennaio) segnano il percorso di un artista che, fin da giovane, fu attivamente presente nel contesto delle secessioni berlinesi e non solo (vicino anche alla Brücke e al Blaue Reiter), come attento studioso ed estimatore di Munch e Nolde. Non amava molto né apprezzava il Picasso di quegli anni. La sua è una pittura forte che, partendo dall’esperienza parigina e dall’incontro con la pittura di Cézanne, trova nella pasta densa e luminosa il primo motivo: Periferia sabbiosa, Giorno di tempesta (1905). La prima apparenza è proprio fauve! Da qui inizia il suo percorso con un monumentale dipinto dedicato alla Resurrezione (in mostra un bozzetto del 1907) realizzato su cromie scure e chiare in voluto contrasto fauve. Da qui, con questo spirito, una ricerca da ora in poi dedicata agli incontri, al sociale: Nell’auto (1914), Donna addormentata (1924) e una ricca serie di nature morte realizzate con una pennellata densa di colori che si armonizzano su fondi chiari: Iris neri (1928), Natura morta con dalie viola (19269. In un contesto di vita soggetta a continui spostamenti e cambi di indirizzo motivati da lavoro, e con il nazismo dalla necessità di sottrarsi alla persecuzione (600 sue opere presenti nei musei tedeschi furono rimosse!), i numerosi autoritratti e i ritratti segnano il meglio della sua emozionata ricerca: Autoritratto con sfondo verde con camicia verde (1939), Ragazze in nero e verde (1939-40), Gli amanti (1940-43), Donna con cappello e manicotto (1944). Sono opere che sembrano realizzate di getto, in realtà sono molti i disegni e gli schizzi preparatori (vasta rassegna grafica in mostra) perché Beckmann non dimentica mai la sua professione di insegnante in università e accademie, in Germania e poi negli Usa. Gli ultimi anni della sua ricerca mi sembra segnino una ritrovata serenità come si ammira in Natura morta con strelitzie (1950), una delle sue ultimissime opere. L’artista, infatti, muore il 27 dicembre 1950, per un attacco cardiaco al Central Park di New York. In Italia non ha avuto fortuna, anche se sono numerose le presenze alla Biennale di Venezia: nel 1922, 1926, 1928, 1930 con sei pitture e una personale con 14 pitture nel 1950. Di Beckmann sono state esposte opere nel 1964 con Arte oggi nei musei e nel 1995, per il centenario della Biennale. Sarei tentato di scrivere: pittore girovago che ha pagato ogni giorno la sua libertà di scelta per una pittura fuori dagli schemi accademici, anche quando veniva invitato a insegnare nelle accademie. Appunto: fauve, in un percorso tutto suo. •

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