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L’ARTE RAZZIATA DA HITLER

Hitler e Goebbels trafugano opere d’arte italianeRecupero della collezione d’arte di Goering, da «Hitler contro Picasso»Banksy, l’opera di Manhattan
Hitler e Goebbels trafugano opere d’arte italianeRecupero della collezione d’arte di Goering, da «Hitler contro Picasso»Banksy, l’opera di Manhattan
Hitler e Goebbels trafugano opere d’arte italianeRecupero della collezione d’arte di Goering, da «Hitler contro Picasso»Banksy, l’opera di Manhattan
Hitler e Goebbels trafugano opere d’arte italianeRecupero della collezione d’arte di Goering, da «Hitler contro Picasso»Banksy, l’opera di Manhattan

Un enorme squarcio sta portando alla luce l’inquietante e folle razzia compiuta dai vertici del nazismo nei confronti dei capolavori dell’arte europea e non solo durante il secondo conflitto mondiale. Pagine di storia vera e sconvolgente di come Hitler e i suoi fedelissimi Goebbels e Goering accumularono, rubandole, confiscandole, strappandole a mercanti, famiglie ebree, musei di terre occupate, migliaia e migliaia di opere d’arte per abbellire sia le loro dimore private che eventuali musei del Terzo Reich. Aiutati in questa gigantesca operazione di spoliazione dell’arte europea, da molti collezionisti e mercanti che si misero a disposizione della svastica che collaborarono a trafugare capolavori per conto del Führer. Capolavori che poi le forze di liberazione alleate recuperarono in parte grazie alla task force dei Monuments Men arruolati appositamente per andare a caccia dei giacimenti di opere e in parte restituite alle famiglie e ai musei d’origine dopo lunghi iter burocratici. Ma molto è ancora misteriosamente perduto, molto è ancora da restituire. Uno squarcio che si sta aprendo grazie all’infaticabile lavoro di studiosi d’arte, storici ed esperti di tutta Europa e che affascina il grande pubblico grazie a due recenti uscite, in libreria e al cinema. In libreria è arrivato per Newton Compton Editori a fine 2016 il lavoro di Meike Hoffman con Nicola Kuhn «Il mercante d’arte di Hitler» (380 pagine, 12 euro) che racconta l’incredibile ma verissima e rocambolesca scoperta di Cornelius Gurlitt, intercettato per caso in Svizzera nel 2010. Al cinema invece è uscito in anteprima nazionale il docufilm «Hitler contro Picasso e gli altri» che racconta l’ossessione nazista per l’arte (con la partecipazione straordinaria di Toni Servillo, documenti d’epoca e contributi da tutta Europa) quell’arte considerata «degenerata» ma che poi finiva nelle stanze dei capi nazisti. Ma torniamo a Cornelius Gurlitt, 79 anni, che un giorno del 2010 è in treno che dalla Svizzera lo deve portare a casa, a Monaco. Viene fermato per un controllo di routine. Agli occhi degli agenti l’uomo non è che un innocuo vecchietto, ma un’ispezione rivela che, cuciti nel risvolto della sua giacca, ci sono ben novemila euro in contanti. Una cifra importante per un pensionato, che porta la polizia ad approfondire le indagini. Si scopre così che nella sua casa di Monaco l’anziano vive come un barbone, nel disordine e nella sporcizia, ma tra scatole vuote di cibo e carte ammucchiate alla rinfusa, nasconde un vero, inestimabile tesoro: più di duemila capolavori di ogni epoca, ufficialmente scomparsi nel bombardamento di Dresda del 13 febbraio 1945. Cornelius afferma di aver ereditato quella fortuna – opere di Canaletto, Picasso, Franz Marc, Matisse, Dürer, Rodin, Kokoschka e moltissimi altri, per un valore stimato di oltre un miliardo di euro – da suo padre, Hildebrand Gurlitt, “mercante d’arte” al servizio del Führer. Quella che potete leggere nel libro di Hoffman è l’incredibile storia dell’uomo che per anni si occupò per conto di Adolf Hitler di sequestrare e requisire con la forza le opere d’arte degli artisti ebrei e tutto ciò che il regime definiva “arte degenerata” perché contraria ai principi del nazionalsocialismo. Un patrimonio di almeno un miliardo di euro. Dopo anni di ricerche negli archivi del Terzo Reich, Meike Hoffmann e Nicola Kuhn hanno ricostruito l’ascesa di un semplice curatore di mostre che, cavalcando l’onda del nazismo, arrivò a diventare uno dei collaboratori più stretti di Hitler e uno dei principali mercanti d’arte nei territori occupati. Una storia dura, che deve essere raccontata, in cui la bellezza dell’arte è violentata dalla cieca follia. E che molto probabilmente vi procurerà un senso di smarrimento profondo e un’arrabbiatura crescente. Proprio come il documentario che tornerà nelle sale a grande richiesta il 17 aprile perché ha sbancato i botteghini il 13 e 14 marzo. «Hitler contro Picasso ed altri» ci guida tra Parigi, New York, l’Olanda e la Germania raccogliendo testimonianze dirette sulle storie che prendono il via da quattro grandi esposizioni che in questi ultimi mesi hanno fatto il punto sull’arte trafugata, tra protagonisti di quegli anni, ultime restituzioni e preziosi materiali d’archivio. Si parte da "21 rue La Boétie", la mostra parigina nata dalla volontà di esporre parte di un prezioso patrimonio recuperato, la collezione di Paul Rosenberg, uno dei più grandi collezionisti e mercanti d’arte di inizio ’900, con quadri da Picasso a Matisse; e si passa a "Looted Art", alla mostra di Deventer, in Olanda, che espone i quadri provenienti dai depositi statali olandesi e dalle collezioni razziate dai nazisti. Si esplora poi «Dossier Gurlitt», la doppia esposizione di Berna e Bonn che per la prima volta espone proprio la collezione segreta di Cornelius Gurlitt, di cui parla il libro di Hoffman. La mostra del fondo Gurlitt tornerà a Berlino da settembre prossimo fino a gennaio 2019. Ma la sua non è l’unica collezione trafugata e ritrovata. Tra i protagonisti del film anche Simon Goodman (che ha riscoperto la storia della sua famiglia e della sua magnifica collezione d’arte, con opere di Degas, Renoir, Botticelli, nonché il cinquecentesco Orologio di Orfeo. Larga parte della collezione era finita nelle mani di Hitler e Goering), Edgar Feuchtwanger (che nel 1929 fu il vicino di casa di Adolf Hitler, qualche anno prima che suo padre fosse deportato a Dachau, mentre dalla loro casa venivano sottratti mobili e libri preziosi) e Tom Selldorff (che è riuscito a recuperare 14 opere appartenute alla sua famiglia cui furono sottratte negli anni ’30). La brama per l’arte aveva raggiunto tali livelli di pazzia per Hitler, Goering e Goebbels per cui pare quasi che l’occupazione nazista dell’Olanda avesse tra i principali scopi quello di poter mettere le mani sulle inestimabili collezioni di mercanti privati, con opere da Van Gogh (autoritratti, per esempio) a Vermeer (il capolavoro dell’Astronomo per citarne uno), da Rubens a Van Dyck. E poi le meraviglie dell’arte italiana che Goering si portava nella sua residenza estiva a Carinhall, così chiamata in memoria della prima moglie, nel Brandeburgo. Qui il maresciallo accumulò un patrimonio artistico che nel 1944 egli stesso valutava intorno ai cinquanta milioni di marchi e comprendeva dai Tintoretto ai Modigliani. Quando l’impero nazista inizia a crollare e la disfatta si avvicina, è una corsa contro il tempo per trasferire i capolavori al sicuro: vengono stipate migliaia e migliaia di opere d’arte nelle miniere di sale di Austria e Germania dove vengono ritrovare in gran parte dalle forze alleate, e poi nel Castello di Neuschwanstein a Füssen, a Heilbronn e presso il Königssee. Una spoliazione ai confini della realtà, che dovrebbe essere citata accanto a tutte le opere d’arte trafugate e restituite a nuova vita. Come quelle che Goering aveva fatto accatastare nell’Abbazia di Montecassino e poi, sull’incedere dell’imminente arrivo degli Alleati che liberavano l’Italia venne portata via per approdare, in buona parte oggi al museo di Capodimonte a Napoli. •

Maurizio Battista

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