C’è anche un po’ di Verona nel centenario del colosso Disney. Tra i fumettisti italiani che negli ultimi trent’anni hanno contribuito a dar vita a centinaia di storie e pagine di Topolino, c’è anche il veronese Alessandro Perina, 64 anni, da diverso tempo residente in provincia di Como, ma originario di Santa Lucia, dove spesso torna a salutare la propria famiglia.
Com’è iniziata la sua carriera a Topolino?
Dopo alcuni anni all’Accademia Cignaroli di Verona, mi sono trasferito a Milano, dove ho frequentato l’Accademia di Brera. Lì, intorno agli anni ’88-’89, ho saputo che la Disney stava creando un’accademia per disegnatori e sceneggiatori e ho colto l’occasione. Eravamo una quindicina di persone: ci hanno insegnato a disegnare le forme dei paperi e dei topi e soprattutto a sviluppare, a partire dalla sceneggiatura, le vignette e le situazioni.
E com’è proseguito il suo percorso?
Pian piano siamo diventati autonomi. La redazione ci fornisce la sceneggiatura, con le battute dei personaggi, e noi prepariamo le tavole. Io ho disegnato anche molte copertine di Topolino, spesso peraltro in coppia con mia moglie Valeria Turati, illustratrice: io disegno e lei colora.
È un’occupazione a tempo pieno?
Sette giorni su sette. Si tratta di lavori con scadenze da rispettare: bisogna avere ritmo, disciplina. Però se il lavoro piace è tutto più semplice…
Come si sente quando disegna?
Mi immergo totalmente: in quel momento, io sono Topolino. Ora sto disegnando Topolino ai tempi dei romani: le storie di carattere storico richiedono preparazione e grande studio degli edifici, delle ambientazioni, affinché risultino verosimili.
Avete anche delle mappe di Paperopoli e Topolinia?
Ovviamente alcuni edifici devono avere una certa coerenza, come ad esempio la casa di Paperino o il Club dei miliardari. Poi con il tempo si metabolizza il tutto e viene naturale disegnarli come sono.
Ha dei personaggi preferiti?
I cattivi, come Gambadilegno o Macchia Nera, hanno un carattere forte, che è più bello sviluppare dal punto di vista grafico. Ma a me piace molto anche Topolino, con le sue storie stile giallo, mentre Paperino è più personaggio da gag.
E Verona c’è nei suoi disegni?
Nel 2021 ho disegnato una storia su Dante, in occasione dei 700 anni dalla sua morte. Dante Papero era in esilio: è emigrato in diverse città italiane fino ad arrivare a Verona. Così ho avuto l’opportunità di disegnare l’Arena, piazza Dante e piazza Erbe. È stato un po’ un ritorno a casa. A breve queste storie, che erano a puntate, verranno ripubblicate in un volume unico, dove ci saranno diversi scorci di Verona.
Ma i fumetti disegnati in Italia vengono pubblicati solo nel nostro Paese?
No. La scuola disneyana italiana è molto importante. Si può dire che circa il 70 per cento dei fumetti vengono prodotti in Italia e poi pubblicati in tutta Europa, in particolare Germania e Paesi del Nord.
Nel tempo com’è cambiato il lavoro del fumettista?
Io ho sempre cercato di stare al passo con le tecnologie, anche se l’aspetto artigianale di carta e penna mi piace tantissimo. Negli ultimi anni utilizzo molto il computer: io preparo la tavola in matita blu e faccio uno schema con le inquadrature dei personaggi e gli ingombri dei «balloon». Poi scansiono a computer e rifinisco con la tavoletta grafica.
E non si è mai stancato di disegnare topi e paperi?
Sono sempre stato appassionato di fumetti, fin da bambino. Allora non c’era una grande varietà: oltre a Topolino, amavo molto Tex e soprattutto Asterix, perché univa l’umorismo all’ambientazione storica. Negli anni non ho mai avuto un calo di entusiasmo, perché il lavoro mi ha sempre dato soddisfazione.