<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
incontro alla Feltrinelli

Genio e follia, Diotallevi alza il velo sul Mantegna meno conosciuto

L'autrice tesse la vicenda umana e artistica di un uomo duro come la pietra, pieno di furore, eppure capace, con la propria arte, di incantare e commuovere. E che "regalò" a Verona il capolavoro della pala Correr
Visitatori nella chiesa di San Zeno della Pala di Andrea Mantegna
Visitatori nella chiesa di San Zeno della Pala di Andrea Mantegna
Visitatori nella chiesa di San Zeno della Pala di Andrea Mantegna
Visitatori nella chiesa di San Zeno della Pala di Andrea Mantegna

Uno dei suoi capolavori più celebri si trova proprio a Verona. E la sua impareggiabile bellezza nonché pregio artistico, da sole basterebbero a eleggere tal ultima come una delle “città del Mantegna”. Anche perché la Pala San Zeno (commissionata all’artista padovano dall’allora abate commendatario del monastero di San Zeno, Gregorio Correr, nel 1456) rappresenta un punto di non ritorno verso il Rinascimento per tutta l’arte pittorica dell’area settentrionale. Oltre che una svolta decisiva per lo stesso autore, di lì a poco invocato a servizio della corte dei Gonzaga, a Mantova.

Ma quanto conosciamo del profilo più “intimo” di questo cittadino della Repubblica di Venezia? L’opera fresca di stampa «Di pietra e furore. Vita e arte di Andrea Mantegna» (edita da Rizzoli), di Francesca Diotallevi, già autrice (pluripremiata) per Neri Pozza, ci porta su tali tracce tessendo la vicenda umana, appunto, e artistica di un uomo duro come la pietra, pieno di furore, eppure capace, con la propria arte, di incantare e commuovere profondamente.

Un’occasione ideale per inaugurare le attività del nuovo anno sociale del Soroptimist International Club Verona (con neoeletta presidente Giovanna De Finis), il cui tema guida è «La cultura al servizio della comunità di Verona». Oggi, lunedì 27 febbraio alle 18, al primo evento del Club, in collaborazione con la Feltrinelli di via Quattro Spade, l’autrice sarà infatti nella libreria cittadina per darci riscoprire tasselli inediti di una storia anche un po’ scaligera.

L'influenza della Pala Correr sugli artisti locali

«La presenza in San Zeno della Pala Correr, del resto, influenzerà direttamente anche molti pittori locali, specialmente di seconda generazione», spiega la socia Soroptimist Daniela Campagnola, in dialogo con l’ospite. «Basti guardare al complesso di San Bernardino, nella cui chiesa Francesco Benaglio tenta di emulare il lavoro mantegnesco con un’altra pala d’altare. Mentre anni dopo, nella biblioteca del convento, Domenico e Francesco Morone daranno prova di aver recepito le innovative tecniche introdotte dal maestro».

Il Mantegna meno conosciuto

Diotallevi, nel suo libro lei alza il velo su un Mantegna meno conosciuto: piantagrane, litigioso, irascibile. Sì, scavando tra varie fonti che lo riguardano è emerso un uomo che sapeva dare agli altri il meglio di sé, ma anche il peggio. Solido come la roccia e ambiziosissimo, da un parte. Talentuoso, colto e sempre al passo con i tempi, dall’altra. Tutti lo vogliono, ma pochi riescono a sopportarne il carattere. Una personalità burrascosa, che ne fa una sorta di Caravaggio ante litteram.

Quel che si dice genio e follia, insomma. Non solo. La sua inquietudine affonda le radici in una infanzia e adolescenza piuttosto sofferenti. Informazioni non da poco, perché ho sempre ritenuto che conoscere un artista più da vicino, in maniera introspettiva, sia la chiave per comprenderne meglio anche l’opera. Pochi sanno, ad esempio, che Mantegna dipinse il celebre Cristo Morto (in copertina, ndr) dopo la morte del figlio. Un dolore profondo, che è difficile non cogliere nella drammaticità e crudezza di questa immagine. Senza contare il fatto che la tela rimase celata nel suo studio fino alla propria scomparsa. Quasi a volervi appunto attribuire il significato di un sentimento (il lutto) molto privato.

I riferimenti alla città scaligera

Con la Pala San Zeno, infatti, Mantegna traghetta definitivamente l’arte di Verona e del Nord Italia dal Medioevo al Rinascimento, apportandovi concetti nuovi, tra cui questa sua prospettiva così perfetta, fatta di scorci vertiginosi, che è poi divenuta il suo marchio di fabbrica. I soggetti non sono divisi nei pannelli come a sé stanti. Mantegna fa qui una cosa per quei tempi assolutamente innovativa.

Crea una scena unica che si sviluppa orizzontalmente ma soprattutto sullo sfondo, con un gioco prospettico che ne fa l’oggetto di osservazione più intrigante. Sicuramente l’artista attinse da Giotto (di cui avrà visto, risiedendo nella stessa città, la Cappella degli Scrovegni) e da Donatello, che negli anni della sua formazione lavorava nella Basilica del Santo. Altro suo “segno particolare” è la caratterizzazione dei personaggi. Inseriva parecchi dettagli, anche in virtù della sua ricca cultura, e questo gli consentiva di far da essi trasparire anche le emozioni più nascoste.

Francesca Saglimbeni

Suggerimenti