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L'incontro con la scrittrice

Dacia Maraini e i giovani a Scuole in rete: dal femminicidio di Isolina a «Vita mia»

Dacia Maraini all'incontro con gli studenti (foto Pezzani)
Dacia Maraini all'incontro con gli studenti (foto Pezzani)
Dacia Maraini all'incontro con gli studenti (foto Pezzani)
Dacia Maraini all'incontro con gli studenti (foto Pezzani)

Tagliata a piccoli pezzi messi in un sacco e gettati in Adige, la giovane popolana veronese Isolina Canutì fu uccisa dall’uomo di più alto ceto che l’aveva sedotta, messa incinta, fatta abortire su un tavolaccio e poi occultata nel fiume. Una lavandaia intenta a sciacquare i panni ha visto peró quel fagotto sospetto che, una volta aperto dagli inquirenti, ha rivelato il macabro contenuto. Solo grazie ad una lista della spesa ritrovata in una tasca del vestito del cadavere smembrato, scritta da suo padre che ne ha riconosciuto la calligrafia, di è potuto stabilire che si trattava di sua figlia. Ne era seguito un processo che ha lasciato un segno nella storia dei delitti efferati di donne.

Di questo atroce fatto di sangue avvenuto a Verona nel 1900 la scrittrice, saggista e poetessa toscana Dacia Maraini ha scritto un saggio edito da Rizzoli di cui ha parlato, tra i tanti altri argomenti, sul portale on line Scuole in rete (iniziativa di collegamento culturale fra scuole, associazioni, enti) che ha visto l’apprezzata partecipazione, attraverso il sito Studentibelluno, città dell’evento, dell’autrice in un doppio incontro dal titolo “Nel nome di Ipazia”: il primo appuntamento con i giovani delle scuole della città e quelli degli istituti collegati in rete (la mattina) e il secondo al Teatro Comunale Giovanni XXIII (nel tardo pomeriggio). L’ evento è stato organizzato dal promotore culturale veronese Giusto Marrella dell’associazione APS Ballerio e rappresenta un agorà di conoscenza e confronto fra generazioni.

«Stiamo per far entrare a breve a far parte di Scuole in rete anche Verona con la sua realtà scolastica», ha anticipato Marrella. La forza dell’iniziativa in cui la Maraini ha dimostrato tutta la sua empatia con i ragazzi stimolandoli a domande e interventi, al di là dei racconti inerenti la sua intensa vita personale e culturale, ha raggiunto formula piena quando ha chiesto ai suoi interlocutori i progetti per il futuro e le aspirazioni. “Dimmi, cosa ti piacerebbe fare?“ è stata la domanda ricorrente posta in modo confidenziale, come ….di fronte ad uno specchio nel quale lei, classe 1936, si è rivista ragazza. Dacia Maraini, infatti, giovane lo è eccome, con la sua grazia nel porsi e il carattere forte, nonché rassicurante nel confidare di non abbandonare mai i propri sogni, da coltivare sempre attraverso il sapere, lo studio, l’impegno, il conoscere il mondo in cui viviamo, con tutte le sue bellezze, contraddizioni, speranze. Sempre difendendo i diritti umani e battendosi per la giustizia. 

Un futuro migliore attraverso la gentilezza è uno dei temi scaturiti dal dialogo e a cui Maraini ha risposto: «È la base dell’esistenza e se non rispettiamo la diversità, altrui e nostra, diventiamo fanatici. Se non comprendiamo gli altri e l’altro è sempre il nemico, lì nascono le guerre». Alla docente che le ha chiesto come una ragazza può mettere in pratica il proprio coraggio e difendersi oggigiorno dai pericoli, compresa l’influenza dei social e la solitudine che questa realtà virtuale causa, ha risposto: «Amo il coraggio sia delle donne che degli uomini ma per la donna è ancora più difficile perché per tanti secoli, addirittura millenni, le hanno detto che deve tacere, che deve ubbidire, servire, Oggi invece l’emancipazione ha portato cambiamenti e le donne entrano anche in professioni che sono state prima prettamente maschili. Tuttavia ancora c’è una diffidenza riguardo la professionalità delle donne. Il coraggio perciò a mio avviso è andare contro le convenzioni, i luoghi comuni, le abitudini e questo coraggio le donne ce l’hanno, ma non tutte, perché hanno introiettato questo senso di inferiorità… si pensi a quelle che si fanno del male o rimangono prigioniere di condizioni difficili, sia psicologiche che fisiche, perché si sentono colpevoli di ciò che in realtà non hanno commesso. La cronaca ce lo dice ogni giorno».

Importante è secondo Maraini “informarsi ed essere dentro la società, a partire dalla sfera quotidiana personale, famiglia, amici. «Più si conosce più ci si difende e si alimenta la propria espressività, e ciò vale anche per i maschi». Un rimprovero, quindi, Maraini lo ha rivolto alla scuola che non fa studiare abbastanza l’ultima guerra. «Da lì veniamo e se non la conosciamo non siamo in grado di riconoscere gli errori, col rischio poi di ripeterli. Dalla conoscenza nasce la consapevolezza».

Riguardo la sua infanzia Dacia Maraini infine ha parlato con trasporto rivelando il suo amore per il Giappone dove i suoi genitori, l’antropologo e studioso Fosco e la madre pittrice siciliana Topazia si traferirono nel 1939. Là nacquero le sue due sorelle Yuki e Antonella, ma nel 1943 furono tutti internati dalle autorità del posto in un campo di concentramento (quando l’Italia spezzò il legame con le potenze dell’Asse, ossia le nazioni che parteciparono alla Seconda guerra mondiale in opposizione agli Alleati) e dove hanno patito la fame. Riuscirono a uscirne nel 1945. Nel suo ultimo libro “Vita mia” si ripercorre proprio l’esperienza. «Mio padre insegnava all’Universita di Kyoto ed eravamo integrati nella vita quotidiana giapponese, negli usi, lingua, costumi e cibo - ha precisato Maraini - ma tutto è precipitato quando mamma e papà hanno rifiutato di giurare fedeltà al governo nazifascista della Repubblica di Salò. Sono stati anni difficili, pochi grammi di riso al giorno, malattie, vessazioni, attesa, siamo sopravvissuti grazie ad una carpetta e il suo latte proteico».

«L’essere umano è persona, una complessità, non solo un corpo - ha asserito circa il valore di tutti noi, - mentre invece nella nostra società ti dicono che sei soprattutto un corpo da possedere, comprare».

Riguardo la filosofa e matematica Ipazia, donna della Grecia antica e martire, che Maraini ha scelto per il titolo dell’incontro, è il simbolo della libertà di pensiero. Un’esperienza intensa quella dei ragazzi a tu per tu con la Maraini e occasione per leggere o rileggere i suoi libri, le poesie, le drammaturgie, oltre sessanta rappresentate in Italia e all’estero, altra sua grande passione avendo oltretutto fondato un teatro a Roma, insieme alla scrittrice e drammaturga Maricla , nel 1979: il Teatro della Maddalena, gestito e diretto da sole donne.

Michela Pezzani

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