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Incontro con lo scrittore

Con il romanzo «88 passi» l’investigatore Pavanello indaga sul traffico d’organi

In Società Letteraria presentato il libro edito da BookSprint
L'incontro alla Società Letteraria con Giampaolo Pavanello (foto Pezzani)
L'incontro alla Società Letteraria con Giampaolo Pavanello (foto Pezzani)
L'incontro alla Società Letteraria con Giampaolo Pavanello (foto Pezzani)
L'incontro alla Società Letteraria con Giampaolo Pavanello (foto Pezzani)

Essere stato nella vita reale un investigatore di livello ha facilitato a Giampaolo Pavanello l’addentrarsi in un campo molto inquietante, quello dei trafficanti di organi. Lo ha fatto scrivendo il libro «88 passi», (BookSprint 2023) presentato alla Sala Montanari della Società Letteraria di Verona nell’incontro dal titolo omonimo, organizzato dai promotori culturali Elisa Zoppei e Giusto Marrella: presenti l’autore, l’intervistatrice Daniela Vartolo, la lettrice Carmen Lizzadro e il pianista e compositore Gianmaria Rizzardi, quest’ultimo a intenso commento musicale di alcuni stralci dal testo.

Il libro è un romanzo e Pavanello ha scelto questo stile narrativo proprio per rendere il terribile argomento più fruibile al lettore, trattandosi di materia ripugnante al solo pensiero ma reale, attuale, e a cui l’autore ha attinto con competenza e capacità di ricerca, facendo però interagire nella trama personaggi di fantasia, per meglio dire “incarnazioni di tipologie umane” veritiere. Dopo l’introduzione della Zoppei che ha delineato la figura dello scrittore, il quale a oggi ha pubblicato cinque opere ed ha una felice penna poliziesca, Pavanello è entrato lui nel vivo del racconto.

Facendo attenzione a non svelare troppo, compreso il significato della grafica di copertina e il titolo che hanno il loro perchè da scoprire strada facendo, Pavanello ha detto: «L’espianto degli organi- reni, cuore, fegato, cornee, pelle- a gente rapita e il commercio degli espianti nei paesi dell’est che tratto è stato portato alla luce durante la guerra in Iugoslavia dal 1990. Al tempo questa realtà repellente era seminascosto e chi si spingeva oltre nelle indagini veniva eliminato. I sequestri di persone nei vari conflitti presi in considerazione sono avvenuti in Iugoslavia, Kosovo, Albania. Ufficialmente nessuno sapeva niente ma accadeva con un giro di affari miliardario in dollari: un’attività sommersa gestita dalla criminalità organizzata. Durante la guerra in Kosovo dal 1998 al 1999 e in Serbia si contano 600 omicidi per espiantare organi dai prigionieri catturati assaltando i villaggi e prendendo le persone in buona salute. Li portavano poi in Albania per operarli. Queste cose avvenivano a pochi chilometri da noi, alle nostre porte, ma nel silenzio di tutti. Più organi espiantavano e più i criminali guadagnavano. Importante perciò per me è stato scriverne in una forma accessibile, senza far venire il voltastomaco a chi legge ma per informare dell’esistenza di tali atrocitá».

Il protagonista della vicenda è Max, un agente infiltrato per sapere dove si trovano i prigionieri. È affiancato da diversi personaggi tra cui l’amico Tom, quindi un oste di Trieste che lo aiuta nelle ricerche. Emerge oltretutto una serie di donne di forte carattere tra cui una signora anziana che sarà la chiave di volta nella vicenda. Di spessore nella trama c’è poi l’amico ebreo di Max: unico sopravvissuto della sua famiglia al campo dì sterminio nazista, dà consigli fondamentali a Max ed é illuminante nelle zone d’ombra, lo sprona ad andare avanti. Una delle principali domande che con questa storia Pavanello solleva è oltretutto il destino degli organi espiantati alle persone uccise e che vanno a salvare persone ignare di chi sia il donatore e la relativa tragedia; adulti, bambini, che non sanno certo da dove provengono gli organi. Un altro argomento che lo scrittore ha esposto a seguire è stato del “Ladri nella legge”. Si tratta dei criminali e dei tatuaggi che portano indelebili sul corpo, con una impressionante gamma di simbologie significanti lo stato di appartenenza ad una categoria criminale o all’altra: sorta di carta d’identità criminale, ossia furto, rapina, omicidio, solo per citare alcuni reati. Ampio il catalogo dei tattoo quali anelli sulle dita, le cupole, il teschio, la croce sulla schiena, la rosa nel filo spinato, lo stiletto. «Ogni simbolo indica lo status criminale del soggetto» ha sottolineato Pavanello.

Commoventi sono quindi nel libro le lettere che i prigionieri, chiusi in carceri come bestie e destinati agli espianti, scrivono a casa senza sapere se le missive verranno recapitate o se qualcuno di famiglia è rimasto vivo. È stata letta a proposito la testimonianza di un uomo di chiesa, un pope ortodosso, dedicata ai suoi confratelli, e l’impatto è stato angosciante. Alcuni altri passi del libro fra cui descrizione delle celle in cui stanno i prigionieri serbi in attesa di essere operati, lasciano col fiato corto nel cogliere quei respiri vuoti, gli occhi sbarrati descritti.

Originario di Palù, paese del basso veronese dove vive e ha fondato l’associazione LiberaMente nonchè aperto una biblioteca pubblica, Pavanello si dedica all’aggregazione affinché le persone si incontrino e si confrontino, dai bimbi agli anziani come lui. «Occorre il dialogo e ricordare il passato - ha aggiunto - per non commettere gli stessi errori e per dare speranza attraverso il bello».

A conclusione della pomeridiana la Zoppei ha infine letto una poesia di Pavanello sulla luce che possa rischiarare il buio delle tenebre.

Michela Pezzani

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