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Boccioni, il precursore del contemporaneo dalla vita «sovversiva»

La veduta «Il Canal Grande a Venezia» conservato a Palazzo MaffeiL’incontro   Gabriella Belli e Rachele Ferrario a Palazzo Maffei
La veduta «Il Canal Grande a Venezia» conservato a Palazzo MaffeiL’incontro Gabriella Belli e Rachele Ferrario a Palazzo Maffei
La veduta «Il Canal Grande a Venezia» conservato a Palazzo MaffeiL’incontro   Gabriella Belli e Rachele Ferrario a Palazzo Maffei
La veduta «Il Canal Grande a Venezia» conservato a Palazzo MaffeiL’incontro Gabriella Belli e Rachele Ferrario a Palazzo Maffei

«Per raccontare Umberto Boccioni spesso ho usato le sue stesse parole o quelle di chi l’ha conosciuto, in modo da restituire il senso più profondo dell’uomo e dell’artista». Parte da questo principio, appunto restituire «l’uomo e l’artista», il lavoro di Rachele Ferrario, storica e critica d’arte, insegnante all’Accademia di Brera, curatrice di mostre e autrice dell'appassionante biografia pubblicata nel novembre 2022 (Mondadori, Le scie) «Umberto Boccioni. Vita di un sovversivo». Ferrario lo ha raccontato ieri pomeriggio, ospite al Teatrino di Palazzo Maffei di un affollato appuntamento per presentare appunto, in dialogo con Gabriella Belli, storica dell’arte e grande esperta di futurismo nonché presidente del comitato scientifico di Palazzo Maffei Casa Museo, il suo studio sul più significativo esponente della pittura futurista, morto nel 1916 proprio a Verona, seppellito nel nostro cimitero monumentale. E proprio a Palazzo Maffei sono conservate due opere giovanili di Boccioni, una notissima veduta de «Il Canal Grande a Venezia» e una «Figura seduta di donna». Ferrario ha dunque raccontato la storia burrascosa, e per molti aspetti poco nota, del grande artista capofila del futurismo. Dall’infanzia tra Morciano di Romagna e Padova, all’apprendistato romano con Balla, l’amicizia con Sironi e Severini, il legame con Marinetti, l’amore con Margherita Sarfatti, i viaggi nella Russia degli zar e nella Parigi di Picasso, l’arresto, le risse nella Milano incandescente d’inizio secolo. «Il libro, un lavoro straordinario, è organizzato per città», ha spiegato Belli. «E la scelta non è casuale, ma indicativa della personalità di Boccioni, artista e ancor prima uomo sempre in viaggio, perennemente alla ricerca, portatore di una modernità assoluta, precursore per vocazione». Boccioni dunque come outsider. «Figlio di un usciere e di una sarta, non ha una formazione accademica, ma un talento innato per il disegno», ha spiegato Ferrario. «La madre, Cecilia, da cui eredita la forza e la fragilità di nervi, è la sua prima ispiratrice, il suo soggetto preferito, la chiave per esprimere il suo punto di vista sul mondo. Un mondo in trasformazione, del quale Boccioni si dimostra un sorprendente interprete, capace di tradurre in immagini la “selvaggeria futurista”, il movimento, la luce elettrica, i treni in corsa, gli stati d’animo di chi parte e di chi resta, l’energia dei primi anni del secolo». Ne sono la prova La città che sale, oggi al MoMA di New York, che arriva a esercitare «una forza magnetica, che imbriglia chi osserva in un’esibizione di potenza lirica», Idolo moderno, Forme uniche della continuità nello spazio e gli altri capolavori di cui Ferrario racconta la genesi. «Nella sua vita come nella sua opera, Boccioni è un sovversivo. Un uomo di avanguardia, contro le convenzioni e gli schemi del passato. È convinto che l’arte non possa essere separata dalla politica, dalla vita. Partecipe della temperie da cui nascerà il fascismo, è un futurista, ha il mito dell’avventura, coltiva un’idea epica della modernità. Crede nella guerra, e proprio nelle retrovie della Prima guerra mondiale troverà la morte. È l’agosto del 1916, più di sei anni prima della marcia su Roma. Eppure, sulla sua figura, graverà a lungo l’ombra del fascismo. Oggi i suoi colori, le sue immagini, le sue visioni vibrano ancora di eccezionale contemporaneità».•.

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