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ANTEPRIMA

BICE, ITALA SVEVA

Sveva Casati Modignani, scrittrice nazional-popolare senza rivali dice di sé bambina e della mamma in un romanzo autobiografico
L'autrice da piccola in copertina
L'autrice da piccola in copertina
L'autrice da piccola in copertina
L'autrice da piccola in copertina

Dal 1981 Sveva Casati Modignani (nome de plume, quello vero è Bice Cairati) ha scritto e pubblicato 27 romanzi, tutti bestsellers, quasi tutti da Sperling e Kupfer, compreso il primo inatteso successo, Anna dagli occhi verdi. Molti sono diventati film o sceneggiati televisivi; le traduzioni li hanno diffusi in Francia, Germania, Spagna, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Brasile, Russia. La moglie magica è uscito l'anno scorso e ora è in libreria questo nuovissimo Il bacio di Giuda (Mondadori). A questo punto possiamo chiederci: c'è una ricetta di questo successo nazional-popolare? E se c'è, qual è la ricetta di Sveva? Da principio molti critici con la puzza sotto il naso la catalogarono senza rimorsi, lei e il marito Nullo Cantaroni che collaborò con lei fino alla morte nel 2004, nell'universo flou del romanzo rosa, quello da sempre destinato alle donne che vogliono ostinatamente sognare una vita diversa, quella che tutte hanno desiderato e non hanno mai realizzato, sulle pagine di un libro. Ma dal 2004 Sveva scrive da sola e il suo successo non solo non è diminuito, ma se mai si è allargato ad altre categorie di lettori (e non solo lettrici) forse meno disposti a sognare, ma certo attenti a quel filo consistente di realtà e di contemporaneità che i suoi romanzi svolgono quasi ininterrottamente da molti anni.
Le sue protagoniste sono sempre le donne, ma non sono fanciulle sognanti, bensì creature forti e riflessive, capaci di capire e di lottare in un mondo che le ostacola spesso ingiustamente. Donne che hanno un giusto concetto della propria dignità, dei propri diritti troppo spesso negati o conculcati, ma non nemiche in generale degli uomini che possono essere violenti e ingiusti, ma talvolta sono invece tutto il contrario, affettuosi e pronti a difenderle. Insomma un panorama tutto diverso dal «rosa» tradizionale, sia quello antico di Delly, che quello più recente di Liala o dei romanzi al computer della collezione Armony. Nelle storie di Sveva c'è una robusta iniezione di realismo, di modernità e di psicologia e i ruoli tradizionali degli uomini e delle donne sono interpretati nel loro tendenziale cambiamento, proprio come noi vediamo accadere ogni giorno. Se di ricetta si vuole parlare allora, bisogna dire che la ricetta assomiglia molto a quella di qualsiasi romanzo moderno che, come si sa, non ha ricette e nasce dalla libera creatività dell'autore.
Ma l'autrice ci ha da qualche tempo riserbato una sorpresa. Dopo essersi mimetizzata per anni in certi aspetti, magari marginali, delle sue protagoniste, Sveva ha affrontato la sua autobiografia, il periodo remoto della sua infanzia. Dapprima ne Il diavolo e la rossumata, dove i cibi e i sapori del periodo trascorso durante la guerra in una cascina a Trezzano, in casa della nonna, riemergono con il fascino sereno di un momento aurorale dell'esistenza, in cui la protezione degli adulti tiene i bambini lontani dall'angoscia della guerra e della morte. La rossumata è una merenda di uovo sbattuto con lo zucchero e bagnato dal vino rosso, possibilmente Barolo, ma anche il Marsala va bene, una merenda energetica il cui sapore molti antichi bambini, ora vecchietti, ricordano ancora. Questa come le altre ricette che arricchiscono in modo originale il libro, sono tutte segnate dalla precisa origine lombarda, ancora un segno di realismo in un racconto che ha il timbro poetico dei ricordi d'infanzia.
Il bacio di Giuda si svolge negli anni del dopoguerra nell'Italia e nella Milano in macerie che cerca di risollevarsi. Si intrecciano i ricordi della bambina Sveva che ha sette anni, con il ritratto del mondo circostante: ci sono gli americani che regalano sigarette e chewing-gum, nei cortili e in piazza si balla il boogie-woogie, manca la legna e il carbone per scaldarsi e l'inverno è lungo e freddissimo. Poi il senso rigido del pudore, del ruolo femminile, le minacciosa ammonizioni dal pulpito delle chiese, una quotidianità fatta di piccoli fatti che compongono la trama dei fatti più grandi. Intorno le donne di famiglia e soprattutto la madre, taciturna, inacidita, rancorosa e incapace di gesti di affetto. La bambina riceve le carezze, di cui ogni infanzia ha bisogno dal padre che sarà il suo modello. E si terrà per sempre alla larga dal modello materno che rovescia sul mondo circostante l'acredine del suo insuccesso, del suo fallimento esistenziale. Ci sono episodi in cui la madre sfiora la crudeltà e altri, più tardi, in cui la bambina, fattasi adulta, riconosce il tormento da cui nasce il rancore della madre e la perdona, anzi la protegge dalla debolezza inerme della vecchiaia.
Il fratello Carlo è l'autore dell'appendice, dove fatti e personaggi sono visti da un altro sguardo e affiorano altre storie: il primo stipendio, le serate in cortile,l'affetto protettivo della sorella, «la mia paladina», come la definisce Carlo. Un ultima informazione per i lettori: Sveva vive tuttora nella casa, dove è nata che apparteneva a sua nonna e dove il racconto di questo libro si svolge.

Paola Azzolini

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