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BANKSY IL WRITER DI BRISTOL

Bansky, Love Is In The Air (Flower Thrower) del 2003Girl with Balloon 2004-2005Bansky, Nola del 2008
Bansky, Love Is In The Air (Flower Thrower) del 2003Girl with Balloon 2004-2005Bansky, Nola del 2008
Bansky, Love Is In The Air (Flower Thrower) del 2003Girl with Balloon 2004-2005Bansky, Nola del 2008
Bansky, Love Is In The Air (Flower Thrower) del 2003Girl with Balloon 2004-2005Bansky, Nola del 2008

FERRARA I carri armati con la scritta “Golf Sale”, “Virgin Mary”, conosciuta anche come “Toxic Mary”, una serigrafia su carta del 2003 che, secondo alcuni, rappresenta una dura critica dell’artista di Bristol al ruolo della religione nella storia. O ancora “Girl whit Ballon”, votata nel 2017 (in un sondaggio promosso da Samsung )come l’opera più amata dai britannici e “Love in the air” una serigrafia su carta che riproduce su fondo rosso lo stencil apparso per la prima volta nel 2003 a Gerusalemme sul muro costruito per separare israeliani e palestinesi nell’area della West Bank, che raffigura un giovane che lancia un mazzo di fiori, messaggio potente e, ad un passo, da chi per protestare getta pietre nel territorio più caldo, politicamente parlando, del Mediterraneo. A pochi giorni di distanza dalla sua ultima creazione, Game Changer, opera donata al General Hospital di Southampton in cui è raffigurato un bambino che ai tradizionali supereroi preferisce una bambola vestita da infermiera, Ferrara ha aperto il 30 maggio scorso la mostra “Un artista chiamato Banksy”, curata da Gianluca Marziani, Stefano Antonelli e Acoris Andipa, prodotta e organizzata dall’associazione culturale MetaMorfosi, all’interno di uno dei simboli più importanti della città, Palazzo dei Diamanti, giocando volutamente sul contrasto tra dimensione storica e “urban”. Nelle dodici sale sono esposte centotrenta tra opere e oggetti (dalle t-shirt alle copertine dei vinili, dalle banconote Banksy of England ai poster) dell’artista, originario di Bristol, nato attorno al 1974 che nessuno ha mai visto e di cui alcuno conosce il volto. Il percorso abbraccia i momenti più significativi della carriera di Banksy, partendo dai primissimi dipinti fino alle opere provenienti da Dismaland (la sua mostra dalle sembianze di un distopico parco divertimenti) come la scultura Mickey Snake con un topolino inghiottito da un pitone. Nell’esposizione anche gli stencil e le serigrafie, considerate da Banksy fondamentali per la diffusione dei suoi messaggi. Presenti anche alcune opere “riscoperte”, come Lab Rat, uno dei suoi primissimi lavori realizzato in spray e acrilici su compensato nel 2000 e il CCTV Britannia, spray su acciaio forato del 2009, che trasforma la lancia della figura femminile che personifica l’Inghilterra in un supporto per una telecamera a circuito chiuso, messaggio non troppo nascosto contro il controllo esercitato sugli spazi pubblici, luoghi prediletti dall’artista per il suo agire. «Banksy supera l’arte che finora abbiamo conosciuto. Ne riformula regole, usi e costumi, ricreando una filiera che elimina gli imbuti produttivi - spiega Gianluca Marziani, uno dei curatori- . Usa strumenti e materiali che tutti conosciamo senza perdere l’aderenza con oggetti fisici tangibili, con forme semplici quasi banali in un mondo privo di utopie fantasy». Forse lo capiscono in molti perchè utilizza la grammatica degli oggetti e la sintassi delle storie e si alimenta di cronaca e realtà, ribaltando con arte storie che toccano tutti noi. Banksy è la miglior evoluzione della Pop Art (ed Andy Warhol compare tra i suoi modelli), infatti ha saputo mettere in connessione le radici del pop, la cultura hip hop d’avanguardia, il graffitismo anni Ottanta e i nuovi approcci del tempo digitale. Fino al 27 settembre (tutti i giorni 11-21). Prenotazioni www.palazzodiamanti.it •

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