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Ammaniti, storie di adolescenti
«Perché sono il cambiamento»

Un' immagine del film «Io non ho paura» di Gabriele Salvatores, tratto dal romanzo omonimo di Ammaniti«Anna», l’ultimo romanzoLo scrittore Niccolò Ammaniti
Un' immagine del film «Io non ho paura» di Gabriele Salvatores, tratto dal romanzo omonimo di Ammaniti«Anna», l’ultimo romanzoLo scrittore Niccolò Ammaniti
Un' immagine del film «Io non ho paura» di Gabriele Salvatores, tratto dal romanzo omonimo di Ammaniti«Anna», l’ultimo romanzoLo scrittore Niccolò Ammaniti
Un' immagine del film «Io non ho paura» di Gabriele Salvatores, tratto dal romanzo omonimo di Ammaniti«Anna», l’ultimo romanzoLo scrittore Niccolò Ammaniti

Dagli esordi «cannibali» all’ultimo intenso romanzo, Anna (Einaudi Stile Libero) dove il mondo dei ragazzini è ancora una volta protagonista in una storia che però contiene in sè un tentativo di sguardo sul mondo, di completezza, di conti da far quadrare che regalano al più recente lavoro di Niccolò Ammaniti una maturità nuova, una nuova capacità di contenere in un tutto unitario dal punto di vista narrativo gli opposti e le contraddizioni dell’esistenza.

Lo scrittore diventato famoso al grande pubblico con Io non ho paura (2001), il romanzo da cui il regista Gabriele Salvatores trasse un film altrettanto intenso quanto erano le pagine di quel romanzo, sarà sabato sera a Verona, al Teatro Romano, alle 21,30, ospite del Festival della Bellezza. Va detto che di quella generazione che venne classificata «cannibale» (Gioventù cannibale è la raccolta del ’96 che riunisce quegli scrittori), Ammaniti è sicuramente l’autore che più ha avuto successo.

Un successo straordinario soprattutto, appunto, nel 2001 con Io non ho paura. Qualcosa di molto diverso dagli esordi cannibali. Come racconterebbe oggi, dopo tanti romanzi, la sua avventura con la scrittura?

Raccontarsi è sempre molto difficile. Lo è nel mio caso tanto più in quanto è vero che in questi quasi vent’anni che scrivo ho fatto cose molto differenti tra loro. Tra l’altro io non sono uno di quelli partiti con l’idea che “avrei fatto lo scrittore“. Da studente ero attratto dal mondo della biologia, degli animali: infatti mi ero iscritto a Scienze biologiche. Confesso: ho scritto un libro per caso, e da lì è partito tutto, un po’ anche perchè i fatti si sono incastrati al momento giusto.

Non scrittore per necessità, allora, solo per caso?

Sono molto diffidente rispetto all’uso di questa visione così, diciamo, assolutista, della scrittura. Credo che quando c’è troppa urgenza, altro modo per indicare la cosiddetta “necessità“, non si raggiungano grandi risultati. Sono per una visione più pacata, in tutti i sensi.

Lei stesso dice che i suoi romanzi sono tra loro molto differenti. Ma forse ci sono almeno due più macroscopiche cifre sotto cui «riunirli»: da una parte storie più complesse e grottesche, dall’altra una vena più intima e personale, penso ad esempio a «Io e te», rispetto invece al tono epico di «Che la festa cominci». E’ possibile?

In effetti è così, esiste un doppio filo rosso all’interno della mia produzione. Da una parte ci sono quei romanzi più corali, in cui ho tentato anche un affresco sociale, e ho giocato sui toni grotteschi, dall’altra, soprattutto in alcuni racconti, è la vena più personale e intima che domina.

Protagonisti però sono sempre i ragazzini, bambini o adolescenti. Perchè?

Perchè quello che mi interessa è analizzare e raccontare il cambiamento. E non c’è alcuna età nella vita che come l’adolescenza rappresenti il cambiamento. L’adolescenza significa la necessità di vivere il lutto per quel mondo riparato e felice che è l’infanzia, per approdare all’età adulta, che è sì indipendenza, ma una indipendenza che va cercata e conquistata, anche attraverso lo scontro con i genitori. Crescere significa la necessità di trovarsi un gruppo sociale di appartenenza, ma tutto questo cambiamento comporta un’assoluta imprevedibilità dell’adolescente. In questo senso è un personaggio perfetto.

Una curiosità. In «Anna» compare a fianco della protagonista e di suo fratello Astor, terzo protagonista, un cane, Cucciolone. Che, rispetto a tanti cani e gatti protagonisti oggi dei romanzi, non ha niente che indulge a vocazioni «animaliste, è vero. Però anche lei ha ceduto a questa diciamo tentazione...

La mia passione per la zoologia e l’etologia è di lunga data, per anni ho fatto un po’ l’inverso, ho guardato gli uomini come si osservano gli animali. Cucciolone è un cane che fa il cane, e in questa sua natura va riconosciuto che può essere il compagno più commovente e fedele di un umano.

Alessandra Galetto

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