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Opus incertum, in scena la danza senza barriere

In scena   Al Camploy «Opus Incertum» di Diversamente in Danza FOTO BRENZONI
In scena Al Camploy «Opus Incertum» di Diversamente in Danza FOTO BRENZONI
In scena   Al Camploy «Opus Incertum» di Diversamente in Danza FOTO BRENZONI
In scena Al Camploy «Opus Incertum» di Diversamente in Danza FOTO BRENZONI

«Immobili, ci avete dimenticati così, fermi, nei camerini della nostra vita. Come si dimentica una vecchia bomboniera nascosta nella credenza della nonna. Sospesi al filo dei nostri sogni, rinchiusi nei rettangoli di un monitor». Ma poi, finalmente, la vita riesplode, e si torna a danzare nel modo più poetico e potente, portando sul palcoscenico prima di ogni altra cosa la propria unicità. Si è chiuso con le parole di Giorgia Panetto, danzaterapeuta e coreografa, «Opus Incertum», lo spettacolo di Diversamente in danza andato in scena martedì, al Teatro Camploy, dopo il suo debutto lo scorso giugno nell’ambito dell’Estate Teatrale Veronese. E che ha avuto come protagoniste, sulle musiche di Jacopo Gobber appositamente create per la performance e con il disegno luci di Alberta Finocchiaro, sei artiste dai corpi più diversi. In un continuo costruire e decostruire, sono loro a dar vita all’opus incertum, quella tecnica edilizia romana che consiste nel creare muri partendo da pietre molto diverse tra di loro, e tuttavia abilmente incastrate per dare vita a una costruzione uniforme. A ognuna il compito di aggiungere una pietra in più, a ognuna il talento che consente di assorbire e fare propria l’energia dell’altra per poi trasformarla in qualcosa di inaspettato. Risiede tutta nella diversità, a cui si aggiunge una solida preparazione fisica e artistica, la bellezza di Camilla Belloni, Federica Brutti, Nicole De Carli, Alessandra Della Chiesa, Giorgia Olivieri e Anna Verzini. Abili e disabili, capaci di fondere con grazia due mondi apparentemente distanti: da una parte la danza intesa come arte composta di linee pulite e perfette, dall’altra la libera espressione, nella forma e nel movimento, di un corpo diverso. Al punto che le sei danzatrici, così perfette nella loro unicità, riescono a insinuare un dubbio nel pubblico che le osserva: cosa significa realmente disabilità? Assoli, passi a due, momenti corali si sono susseguiti incantando il pubblico, ricordando a ciascuno dei presenti quanto sia seducente la diversità. Risiede proprio in questo la solidità di un opus incertum: nell’incastro perfetto di elementi imperfetti che riescono a scatenare l’energia più incontenibile, facendo vacillare quella che si ritiene la bellezza standard e standardizzata in nome del fascino. E presentando una lezione di vita: si può dare il 100% della propria anima e del proprio talento se gli strumenti che la natura ha messo a disposizione di ciascun corpo incontrano l’arte. Sancisce la vittoria della diversità che si trasforma in armonia, Opus Incertum, e aggiunge un ulteriore tassello nel cammino verso l’inclusione: quella che passa attraverso i gesti della vita quotidiana. E che aspetta di essere vista, anzi, guardata. «C’è un muro che nasconde un giardino segreto», ricorda Giorgia Panetto. «Ma un giardino, senza nessuno che lo guardi, non è segreto. Semplicemente, non esiste». Solo attraverso la consapevolezza di chi lo ammira, potrà diventare realtà.•.

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