Carabinieri e Guardia di Finanza stanno perquisendo i ristoranti del gruppo «Peperino» a Milano, in Veneto (ce n'è uno a Verona, a pochi passi dall'Arena) e in Friuli Venezia Giulia nell’ambito di un’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste nella quale è indagato il titolare del gruppo, Pietro Savarese.
La Dda ipotizza il trasferimento fraudolento di valori e il riciclaggio, aggravato dal metodo mafioso. Sono stati sequestrati strumenti elettronici che - secondo l’accusa - consentivano di evadere il 40% del fatturato dei locali.
Le perquisizioni - si apprende dalla Dda di Trieste - sono in corso nei ristoranti e pizzerie «Peperino» a Milano, Verona, Trieste, Udine, Pordenone, Conegliano Veneto (Treviso) e Napoli.
La strumentazione elettronica sequestrata - secondo gli investigatori - consentiva alle società di gestione dei ristoranti di occultare sistematicamente il 40% dei ricavi effettivamente realizzati grazie a un software installato sui terminali che, di fatto, genera una doppia contabilità fiscale, con un fatturato «in nero» che - la Guardia di Finanza - ha calcolato intorno al 40% del totale realizzato negli ultimi anni dal gruppo.
Questa evasione - sempre secondo gli investigatori - ha contribuito all’espansione di «Peperino» sul territorio attraverso l’apertura di vari ristoranti e pizzerie gestiti, per la maggior parte, da personale di origine napoletana selezionato appositamente da Savarese. Sui capi di accusa ipotizzati dal Procuratore Distrettuale di Trieste, Carlo Mastelloni, e dal sostituto Federico Frezza, nei riguardi di Savarese - ricorda la Dda - il Tribunale del Riesame di Trieste si è già espresso, in doppio collegio, a favore dell’accusa.