<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Il caso

La picchiano perché non vuole sposare un parente, genitori a processo

 

La tradizione, quella che affida ai genitori la scelta del marito per la figlia, l’hanno mantenuta anche se vivono a Verona da tempo. E la disubbidienza non è ammessa.

Una vicenda che per alcuni tratti ricorda quella di Farah, la giovane di origini pakistane picchiata e vessata dal padre con schiaffi e spintoni, insultata e segregata in casa per impedirle di frequentare un ragazzo. E, come scrisse il gip rinviando a giudizio il padre, «minacciando di ucciderla a causa di detta frequentazione e in caso di rimandarla in Pakistan e comunque ponendo in essere ulteriori comportamenti vessatori e prevaricatori nei suoi confronti». 

Non è arrivata a tanto una coppia di genitori originaria dello Sri Lanka (difesa Teresa Vassallo) che il gup Carola Musio ha rinviato a giudizio e in ottobre affronterà il processo davanti al collegio presieduto da Raffaele Ferraro con l’accusa di maltrattamenti.

Il codice rosso in questo caso lo ha fatto scattare la figlia minorenne, picchiata perché si rifiutava di frequentare il figlio dello zio del padre. Ovvero l’uomo che i genitori avevano già deciso che avrebbe dovuto sposare.

Interessi di famiglia, bambine promesse ai parenti piuttosto che a persone in grado di apportare un beneficio economico, e se questa usanza è tutt’ora in vigore in India, Pakistan, Afghanistan, India, Iran, Nepal e Sri Lanka spesso viene mantenuta anche una volta lasciato il paese d’origine.

È quello che è accaduto a una ragazza di 17 anni, presa a schiaffi e picchiata (in un’occasione anche con una cintura), impossibilitata ad avere contatti con i coetanei sia perché i genitori le avevano tolto il cellulare sia perché non la mandavano a scuola. Il «castigo» perché non voleva intrattenere una relazione e rapporti con il cugino, si era opposta in tutti i modi a quel matrimonio che per papà e mamma, rispettivamente di 43 e 41 anni, era invece un passo obbligato. E non poteva essere messo in discussione. Non ce l’ha più fatta e ha chiesto aiuto, nel giugno dello scorso anno è uscita di casa ed è in una struttura protetta.

Fabiana Marcolini

Suggerimenti