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Referendum, le ragioni del sì
e quelle dell’astensionismo

Il referendum del Veneto del 22 ottobre non potrà avere ricadute tecniche ed economiche immediate, ma avrà un valore politico di spinta nella trattativa che la Regione dovrà intavolare con il Governo centrale per un aumento di risorse su temi specifici.

È la sintesi del dibattito nella sala polifunzionale Santa Maria Annunciata, a Castel d’Azzano, con rappresentanti del Sì e dell’astensione moderato dalla giornalista Laura Perina che ha provocato subito i relatori con la domanda: «È utile il referendum?».

«Sì, perché con il voto a favore i cittadini danno una spinta per il cambiamento alla politica regionale e nazionale» ha risposto Simonetta Rubinato parlamentare Pd. La senatrice Patrizia Bisinella del gruppo Fare con Tosi ha continuato: «Questo è un referendum consultivo, espressione della volontà dei cittadini veneti con lo scopo non di ottenere uno Statuto speciale, ma di spingere i politici a mettersi attorno a un tavolo con il Governo per concordare aumenti di risorse».

«È un passaggio», ha proseguito Alberto Giorgetti di Forza Italia, «che registra una reale situazione di disagio promosso nel momento peggiore per il Governo attuale; è il primo in Italia e avrà effetto domino sulle altre Regioni».

Roberto Fasoli dell’associazione Sinistra XXI secolo, consigliere regionale Pd e firmatario dell’astensionismo, chiarisce: «Il quesito del referendum “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?” chiede una cosa banale e generica, non specifica. Se vincono i Sì la Regione deve trattare con il Governo. Questa trattativa però poteva intavolarla anche prima. Perché non l’ha fatto? Ammesso e non concesso che ottenga qualche autonomia o indipendenza fiscale, sarà indispensabile l’approvazione a maggioranza assoluta dei due rami del Parlamento perché materia di sua competenza. Per questo il referendum è una presa in giro dei cittadini veneti e uno spreco di 14 milioni presi dalle tasche degli stessi cittadini». Alla domanda della coordinatrice «Quali saranno gli effetti reali se vince il Sì?», ha risposto: «Zaia avrà una delega in bianco per trattare, ma questo era possibile anche prima. L’indipendenza economica è impossibile, al più potrà spuntare qualche risorsa, ma se l’ottiene lui, la chiederanno anche le altre Regioni».

«Concordo con Fasoli che il Referendum non avrà ricadute tecniche immediate per il Veneto», ha Giorgettim «ma avrà un effetto politico perché il Governo, per evitare pulsioni pure con le altre Regioni dovrà trattare con tutte e inventare qualcosa nella prossima legge di bilancio, anche perché sono imminenti le elezioni politiche».

Bisinella: «La vittoria del Sì avvia un percorso di una distribuzione più equa delle risorse per le Regioni per equilibrarle e controllare le spese pazze di alcune». Rubinato: «Il referendum è solo l’inizio, il proseguimento è compito dei politici e sarà o una pietra tombale sul riequilibrio delle risorse con la responsabilità della finanza pubblica o l’ avvio di un percorso per una trattativa vera sul tema».

Nell’appello finale confermate le posizioni: Giorgetti: «Votare sì per mettere sul tavolo della trattativa maggiori risorse per il Veneto per sanità, istruzione e finanza»; Rubinato: «Il sì darà forza alla trattativa con il Governo con vantaggi non solo per il Veneto ma anche per le altre Regioni»; Bisinella: «La vittoria del sì può e deve mettere in moto un lavoro lungo di riequilibrio nelle Regioni o sarà un’occasione persa». Fasoli: «Io non voto perché non voglio farmi prendere in giro, visto oltretutto che non si sanno ancora le modalità: serve la tessera elettorale o la carta di identità? Il mio impegno è per uno stato federale».

Giorgio Guzzetti

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