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Il funerale

L’ultimo viaggio
di don Fasani,
il prete scalatore

Il funerale
Gli scarponi da montagna di don Giampietro Fasani (foto Pecora)
Gli scarponi da montagna di don Giampietro Fasani (foto Pecora)
Il funerale di Don Fasani (video Pecora)

Gli scarponi modellati dai passi, il caschetto per le ferrate e lo zaino con i moschettoni attaccati. I moschettoni che, insegnava ai nipoti, vanno agganciati alla montagna, come la vita sui capisaldi. Era tutta lì, accanto alla bara sobria, l’essenza di don Giampietro Fasani, uomo di montagna, parroco, persona semplice che sapeva gestire la fatica.

E lì è rimasta per la lunga cerimonia funebre celebrata ieri pomeriggio dal vescovo Giuseppe Zenti, affiancato dai vescovi Rocco Pennacchio di Fermo, Claudio Giuliodori di Macerata, Giuseppe Pellegrini di Pordenone, Carlo Mazza di Fidenza e Livio Corazza di Forlì Cesena e da oltre 250 sacerdoti, davanti a migliaia di amici, parrocchiani, collaboratori, amministratori locali e rappresentanti delle forze armate che hanno gremito il duomo per salutare don Giampietro, parroco di Villafranca morto venerdì per un cancro. «Don Gipi», ha raccontato don Andrea Mascalzoni, parroco di Dossobuono, ordinato prete nel 1977 con Fasani, «era l’immagine dello scalatore, per le origini della montagna, per l’esperienza sui monti da giovani seminaristi, per le ascensioni che amava fare con i nipoti.

E l’immagine ben rappresenta la sua tenacia, la voglia di vivere e la capacità di reggere la fatica». Come è accaduto in questi ultimi anni, nei quali monsignor Fasani ha sopportato la sofferenza della malattia e delle cure pesanti, senza mai esimersi dai propri compiti. Tanto che Papa Francesco l’aveva invitato a Roma l’anno scorso e gli aveva telefonato a gennaio, per stargli vicino.

 

E ieri c’era molto di don Giampietro nella cerimonia ordinata, che non ha escluso nessuno, e nel filo conduttore scelto dal vescovo Zenti sul buon pastore «che conosce le sue pecore a una a una, ne capisce i problemi, le nutre con le parole di Dio e le difende anche dalla cultura attuale». Zenti ha incoraggiato Villafranca orfana di ben quattro parroci consecutivi: «Don Dario, don Gabriele, don Giuseppe e ora don Giampietro. Ma adesso basta. C’è bisogno di qualcuno che stia con voi a lungo, perché serve tempo per conoscervi, per condividere i vostri problemi e le vostre gioie. Ora avete don Daniele, don Claudio e don Gianluca e ci auguriamo di poter presto mandare qualcun altro. Aiutate i vostri preti a essere preti», si è rivolto ai fedeli, «sentiteli di famiglia, come è accaduto con don Giampietro soprattutto negli ultimi tempi: il suo lento morire è stato un evento di parrocchia. Vi ha insegnato a vivere con Dio anche la morte».

 

La sua malattia prima e la scomparsa poi sono state un fattore di unione nella comunità. «La mia malattia ha dato frutto», ha scritto prima di morire don Giampietro. «La sofferenza è stata il cemento della nostra unità», gli ha fatto eco al funerale una nipote. Don Andrea ha riepilogato la storia di «Gipi»: dall’incarico a Golosine dove si era occupato dei giovani emarginati, anche rimediando qualche danno all’auto («Ma lui ha tirato dritto») agli incarichi in Acr e a San Giovanni Lupatoto, dove si è dedicato all’assistenza degli anziani e alla Pia Opera Ciccarelli: «Anni di palestra che hanno fatto emergere le doti di economo di mente e di cuore».

E poi Roma come economo della Conferenza episcopale italiana, dal 2002 al 2011, e infine Villafranca «dove ha aperto gli orizzonti aiutando la comunione tra presbiteri. Ora Giampietro», ha concluso don Andrea, «la scalata è compiuta». «Ci hai insegnato che tutti i talenti, anche i più semplici, se coltivati con impegno portano alla pienezza. Sapevi trovare l’appiglio giusto per il passo di ognuno di noi sui sentieri esposti», hanno ricordato i nipoti. Il vescovo Pennacchio ha invece portato i saluti del presidente della Cei Gualtiero Bassetti e del segretario generale Nunzio Galantino: «Don Giampietro aveva competenza di materia e di buon senso, era animato da sensibilità presbiterale, capace di relazioni autentiche, mature, non sdolcinate».

Lo stesso ha ribadito monsignor Mauro Rivella, già sottosegretario alla Cei quando don Fasani era economo, che ha letto invece le parole del cardinale Giuseppe Betori, Segretario generale quando don Giampietro era economo: «Intelligente, operoso, fedele collaboratore, amico fraterno per un consiglio sincero e saggio, don Giampietro è stato un sostegno concreto e generoso. Testimonianza esemplare alla Cei, univa il sentire evangelico nel trattare la dinamica economica. Interprete brillante di un’epoca della chiesa italiana, aveva un tratto umano sobrio e sempre coinvolgente».

Lo ha infine ricordato Tomas Chiaramonte, direttore dell’Associazione diocesana delle opere assistenziali della quale Fasani era presidente: «Saggio, lucido, equilibrato, con pazienza e fermezza costruiva ponti. Mite, capace di elaborare l’ascolto, maestro delle relazioni disinteressate, sei stato un gigante che ci ha insegnato ad alzare la testa per posare lo sguardo lontano». •

Maria Vittoria Adami

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