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L’eredità del barone gentiluomo

Finisce una dinastia e anche un pezzo della storia di Povegliano. Durante la notte di mercoledì scorso è morto il barone Francesco Malfatti Balladoro, 87 anni, che da qualche giorno era ricoverato all’ospedale Confortini di Verona. Benché abitasse nel centro di Verona, il suo cuore era indissolubilmente legato a Povegliano e alla villa, in parte ancora di sua proprietà, simbolo del paese. Tanti sono stati gli atti di generosità del barone. Diversi anche i momenti di tensioni e riappacificazioni con le amministrazioni che nel tempo si sono succedute. L’ultima visita ufficiale a Povegliano di Malfatti risale all’estate del 2016 in occasione della sagra. Altri incontri si sono tenuti, fino all’anno scorso, come la visita del barone ai musei della villa settecentesca definendosi molto soddisfatto di come fosse gestita. Un uomo generoso che donò l’archivio Balladoro al Comune; oltre novemila volumi, di cui una gran parte era stata preziosamente collezionata dal conte Arrigo Balladoro, forse il nome più noto della dinastia, morto agli inizi del secolo scorso. Il conte era amante della tradizione veronese e del folklore, ma molti sono anche i libri nei dialetti di tutto lo stivale. «È stato un gesto molto significativo», spiega Anna Maria Bigon che all’epoca del lascito dell’archivio era sindaco. Un grande lavoro, in accordo con il barone, è stato condotto qualche anno fa dal gruppo giovani di Povegliano, catalogando e archiviando la grande mole di volumi presenti nella biblioteca storica della villa. Fonti, queste, da cui nascono tesi di laurea, custodite proprio nella biblioteca. «Era sempre molto legato all’aspetto culturale del paese. Ci sentivamo al telefono, i rapporti erano buoni», sostiene Bigon. Tuttavia il legame con il paese non era circoscritto solamente alle mura della dimora del ’700. Malfatti aveva a cuore anche altri aspetti di Povegliano, sempre collegati all’istruzione e alla cultura. «Quando è stata demolita la scuola primaria e successivamente ricostruita il barone si teneva spesso in contatto con me per sapere l’andamento dei lavori. Il giorno dell’inaugurazione poi era venuto di persona: era stato un bel gesto», continua l’ex sindaco. Si teneva sempre informato sulle vicende legate alla villa. Anche nell’ultimo periodo quando l’allora sottosegretario del ministero dei Beni culturali, Ilaria Borletti Buitoni, nel novembre del 2015, era venuta in visita a Povegliano, Malfatti aveva chiesto al suo commercialista e uomo di fiducia di essere presente. «Durante quell’ispezione avevo mostrato al sottosegretario la villa e i progetti che avevamo in mente. Il barone ci aveva dato l’appoggio senza alcun dubbio», racconta Anna Maria Bigon. Proprio per quella visita ufficiale sono arrivati da Roma, solo qualche mese fa, uno milione e 700mila euro da investire nel miglioramento della struttura. Anche Francesco Perina, senatore negli anni Novanta nella Dc, ma soprattutto sindaco di Povegliano negli anni Settanta ricorda Malfatti: «Era un uomo affabile, sempre attento alla comunità e disponibile. Mi ricordo quando ero bambino e abitavano proprio qui a Povegliano: hanno sempre avuto un legame stretto con il paese». Intorno alla metà degli anni Settanta, infatti, grazie ad una permuta, il Comune divenne proprietario del parco, del corpo centrale dell’immobile e della parte di giardino dove ora si trova la sede del circolo del tennis. «Inoltre», spiega Perina, «nell’accordo era previsto un diritto di prelazione a favore del Comune sulle ali della villa, ma non è stato esercitato da nessuno dei miei successori». Quella parte, infatti, rimane tutt’oggi di proprietà dei Malfatti. Con la morte del barone si conclude anche la dinastia: Francesco Malfatti Balladoro era nipote di Amalia Balladoro, l’ultima in linea diretta a portare il prestigioso cognome che sposò, nel 1882, Francesco Malfatti. Il barone non ha lasciato nessun erede in linea diretta. Per conoscere il destino delle sue proprietà, anche di Povegliano, bisognerà attendere la lettura del lascito testamentario. •

Nicolò Vincenzi

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