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In sella
alla Vespa
la libertà
della donna

La Vespa 98 del 1946, la capostipite: bastava appoggiarla sul fianco, senza nemmeno il cavalletto
La Vespa 98 del 1946, la capostipite: bastava appoggiarla sul fianco, senza nemmeno il cavalletto
La Vespa 98 del 1946, la capostipite: bastava appoggiarla sul fianco, senza nemmeno il cavalletto
La Vespa 98 del 1946, la capostipite: bastava appoggiarla sul fianco, senza nemmeno il cavalletto

I ragazzi del 2016 non ci crederanno. Eppure la Vespa contribuì alla liberazione sessuale della donna. Perché nel 1946, quando venne presentata dalla Piaggio, giusto settant'anni fa, le speranze di ogni maschio su una femmina da maritare, non solo in Veneto, erano riassunte da questo detto: «Che la piasa, che la tasa e che la staga in casa» («che piaccia, che taccia e che stai in casa»). Con la Vespa, invece, la donna iniziò a muoversi. Per questo la bella mostra «Exhibiton Vespa», 70 modelli per 70 Anni di Vespa Piaggio, al Museo Nicolis di Villafranca, è visitata da molte ragazze.

Fu proprio con la Vespa che le donne iniziarono a uscire di casa. Anche se molte critiche piovevano su quelle che accettavano un passaggio, nonostante sedessero di traverso sul sellino posteriore, mai a cavalcioni come usa oggi, perché sarebbe stato scandalo. Altro che mini, altro che panta-collant, altro che leggings. Davvero un altro orizzonte rispetto ai tempi contemporanei. In auto era ancora peggio. L’unica libertà era quella di uscire di casa per fare la spesa. Con l’auto invece, e prima ancora con la Vespa, gli orizzonti femminili si allargarono.

Ma non fu una battaglia facile perché l’abitacolo poteva diventare un luogo troppo intimo e appartato, violando così le regole di un «bon ton», che sarebbero presto mutate. Lo scooter permetteva addirittura di raggiungere la «camporela», con quali conseguenze è facile immaginare. Fino ad allora invece auto e moto erano state un privilegio maschile. Per questo se al semaforo si avvicinava la Milletrè o la Seicento con la brunetta al volante, potevi scommettere che qualche bellimbusto con la faccia alla Amedeo Nazzari avrebbe ironizzato: «Ma dove va quella? Ma che fa? Perché non resta a casa a fare la calza? Suo marito non le ha detto che le donne al volante sono pericolo costante?».

Le donne, in verità, in casa ci stavano sempre meno. E la pubblicità registrava questa tendenza. Dopo anni di Donna Letizia e faccende domestiche, il gentil sesso mordeva i freni, e cominciava ad averne le tasche piene della rima baciata amore-casa-cibo-cuore. Con gli Anni Cinquanta poi (epoca di Vacanze Romane, celeberrima pellicola dove gli artisti erano Gregory Peck e Audrey Hepburn ma la vera protagonista era la Vespa) si affacciarono nuovi bisogni. Televisione, lavatrice, qualcuno perfino la lavapiatti. Le vacanze non erano più un privilegio di pochi, ma un diritto di tutti: ormai lago, mari, monti erano a portata di mano. Gli italiani cominciavano ad averne abbastanza di scendere al bar per vedere la tivù. La volevano in casa. Per guardare Delia Scala, Mike Bongiorno, le gemelle Kessler, Lelio Luttazzi e i film del lunedì sera.

Poi, a fine mese, arrivavano puntuali le cambiali da pagare: il mutuo, l’enciclopedia Conoscere, la Candy. Così lo stipendio di papà non bastava più. E sui quotidiani iniziarono a comparire i primi annunci «AAA signora trentaseienne bella presenza automunita, moralità ineccepibile, cerca impiego mezza giornata». Insomma, prima con lo scooter del fidanzato, poi con la Seicento e la Cinquecento, la donna iniziò a conquistare uno spazio di autonomia che fino allora le era stato precluso.

QUESTE EMOZIONI affiorano passeggiando nel percorso della mostra che propone dalla prima Vespa 98 del 1946 (bastava appoggiarla sul fianco, senza nemmeno il cavalletto...) alla 946 del 2012 oltre le rarissime serie Sport - con un modello unico in Europa - le «Scocca Piccola», la 125, la 150 Granturismo, la Sidecar, la «Vespa del futuro» PX 1977, perfino le Vespa militari armate con tanto di bazooka e, addirittura, la Vespa a 4 ruote, una macchinina piccola piccola che oggi sarebbe provvidenziale per muoversi nel traffico moderno. A fianco, una panoramica unica sull’ingegno e la creatività Piaggio: Ape, trattori agricoli, motori marini e il primo Ciao del 1968, l’ultimo rivoluzionario progetto del papà di Vespa Corradino D’Ascanio.

Oltre alla mostra tematica sulla Vespa, esposta al pianoterra del Museo, sono visitabili le otto collezioni raccolte dalla sconfinata passione di Luciano Nicolis, fondatore del museo-sogno, ed oggi curate dalla figlia Silvia in oltre 6.000 metri quadrati con 300 tra automobili, motociclette e bici d'epoca che fanno di questo luogo una delle istituzioni storiche più importanti d’Europa.

Il Museo Nicolis è aperto tutto l’anno dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18. Per informazioni più dettagliate o per la prenotazione di visite guidate: segreteria, 045.6303289 o museonicolis@museonicolis.com.

Danilo Castellarin

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