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Gioca a frisbee in nazionale Ora è vice campione del mondo

La nazionale italiana che ha partecipato al campionato del mondo di frisbee a Perth in AustraliaA destra Michele Farina che rincorre un avversario
La nazionale italiana che ha partecipato al campionato del mondo di frisbee a Perth in AustraliaA destra Michele Farina che rincorre un avversario
La nazionale italiana che ha partecipato al campionato del mondo di frisbee a Perth in AustraliaA destra Michele Farina che rincorre un avversario
La nazionale italiana che ha partecipato al campionato del mondo di frisbee a Perth in AustraliaA destra Michele Farina che rincorre un avversario

Nicolò Vincenzi Bastava un soffio, anzi un paio, per diventare campioni del mondo. La spedizione italiana under 24 di ultimate frisbee ha disputato, sabato scorso, la finale dei mondiali contro gli Stati Uniti. Tra le fila tricolori, a Perth in Australia, c’era anche il poveglianese Michele Farina. La partita è finita 15 a 13. Addio titolo mondiale, ma, nonostante tutto, rimane il miglior risultato mai raggiunto dalla nostra nazionale in questa disciplina ancora poco conosciuta. «Avere la maglia dell’Italia addosso è un grande onore perché dietro c’è un lavoro enorme che è molto simile a quello di altri sport più famosi. In certi periodi ci alleniamo anche tutti i giorni. Preparavamo questo mondiale da quasi 20 mesi», racconta Farina che sulle spalle porta, ironicamente, il numero zero zero. È stato un cammino tortuoso quello che gli italiani hanno dovuto compiere per raggiungere la finale e conquistare la medaglia d’argento. Dopo aver battuto Taipei, Austria e Giappone gli azzurri hanno perso contro gli inglesi, gli statunitensi e i tedeschi. Grazie alle vittorie con Colombia e di nuovo Giappone hanno strappato però il biglietto per le fasi conclusive del torneo. Italia Germania è un duetto che anche con il frisbee si è ripetuto. «Lì abbiamo incontrati nel girone e abbiamo perso», racconta. Poi prosegue: «Quando li abbiamo trovati di nuovo in semifinale e battuti non ci credevamo». Il punto del ko ai tedeschi lo ha messo a segno proprio Farina. A fine mondiale le sue statistiche raccontano di un assist e ben 12 mete, niente male per uno che in campo ha il compito di recuperare il disco. «La sera prima della finale ci siamo ritrovati tutti noi compagni a guardare vecchie partite degli americani, per capire le loro strategie di gioco e i loro punti deboli. Li avevamo affrontati nei gironi e avevamo perso 15 a 4. Qualcuno era sconfortato dalla potenza degli Stati Uniti e per quella partita persa così malamente. Ma dentro lo spogliatoio c’era fiducia, sapevamo che quella precedente non l’avevamo giocata ai nostri livelli e potevamo batterci fino all’ultimo in finale». La gara contro gli Stati Uniti è stata combattutissima. Alla fine del primo tempo (una gara dura cento minuti, salvo i tempi supplementari in caso di pareggio) l’Italia era avanti. Poi nel finale, sul 13 a 13, la corazzata americana ha avuto la meglio. «Quando hanno segnato il punto della vittoria fra di noi c’era chi aveva gli occhi lucidi, perché siamo andati davvero vicini alla super impresa. Però anche dopo la sconfitta abbiamo continuato con i nostri cori. Siccome eravamo gli sfavoriti, avevamo il pubblico dalla nostra parte. La cosa bella è stata che nonostante non avessimo vinto abbiamo festeggiato lo stesso, sapevamo di aver fatto un grande risultato. Siamo un gruppo unito, questo mi ha aiutato anche a superare l’ansia prima delle gare. Ho ricevuto anche tanti complimenti dall’Italia, fa davvero piacere». Farina ha iniziato a giocare a frisbee, quasi per caso, a 12 anni. Il merito, spiega, è di due animatori che durante il periodo estivo gli hanno fatto scoprire il disco. I primi lanci li ha fatti a villa Balladoro, nel parco. Poi la carriera sportiva è continuata a Verona e quindi ha seguito i suoi spostamenti legati all’università: prima a Modena, giocando nella squadra di Bologna, e poi a Torino. Nel 2012 ha fatto il suo primo provino per la nazionale, ma è stato scartato. Non si è dato per vinto. L’anno dopo ci ha riprovato ed è stata la volta buona per indossare la maglietta azzurra che poi non si è più tolto. «La cosa che mi piace di questo sport è che, nonostante l’agonismo in campo, si sente molto il fair play e lo “spirito del gioco”, come lo chiamiamo noi». Proprio la correttezza ha un ruolo centrale. Durante le partite di frisbee, sport riconosciuto ufficialmente dal Cio (Comitato Olimpico Internazionale) nel 2015, non c’è un arbitro, ma la gara è gestita autonomamente dai giocatori in campo. Un mondiale in Australia a vent’anni non è solo rivalità, competizione e partite, ma significa anche conoscere altri popoli e atleti. «È stato bello condividere, oltre ai compagni, questa esperienza con ragazzi della stessa età provenienti da tante nazioni diverse. C’era la stessa passione ad unirci e andava oltre le barriere linguistiche. Alla festa di fine torneo siamo anche riusciti a far ballare i giapponesi», conclude sorridendo. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nicolò Vincenzi

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