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Ferite, umiliate, mai sconfitte
Fiori d’acciaio contro le mafie

Da sinistra Angela Monica Scifo, Angela Ogliastro, Crocifissa Volpe e Luciana Di Mauro [FOTOGRAFO]FOTO PECORA
Da sinistra Angela Monica Scifo, Angela Ogliastro, Crocifissa Volpe e Luciana Di Mauro [FOTOGRAFO]FOTO PECORA
Da sinistra Angela Monica Scifo, Angela Ogliastro, Crocifissa Volpe e Luciana Di Mauro [FOTOGRAFO]FOTO PECORA
Da sinistra Angela Monica Scifo, Angela Ogliastro, Crocifissa Volpe e Luciana Di Mauro [FOTOGRAFO]FOTO PECORA

Quattro donne ferite nei sentimenti dalla mafia, dalla camorra, ma non sconfitte, umiliate. Anzi, decise, determinate nella missione di non far finire il dolore loro e dei loro cari nel dimenticatoio della storia. I racconti si susseguono sul palco di Villa Vecelli Cavriani a Mozzecane, le loro voci creano un’eco nella sala, un rimbombo che sembra un urlo educato contro la violenza e la prepotenza della criminalità organizzata. Angela Ogliastro, poliziotta a Palermo, il 12 ottobre 1991 perse suo fratello Serafino, anche lui investigatore. E racconta: «Fin quando non ritroveremo quel corpo, io dovrò parlare. L’unica ricostruzione deve essere quella della mia voce. Non voglio letture, film, lettere o altri racconti».

«Uno sguardo diverso», la serata organizzata per celebrare il decennale di «Per continuare a non dimenticare», manifestazione creata dal sindaco Tomas Piccinini, ha puntato i riflettori su come la ferocia possa devastare la vita di chi è bersaglio e le esistenze di chi resta e tenta di cercare risposte ai misteri e alle assurdità di certe scomparse. «Mai avremmo pensato alla mafia», ricorda Angela Ogliastro. Ma dopo otto anni, un giorno lei compra il Giornale di Sicilia e viene a sapere un pezzo di verità: Salvatore Grigoli, il killer di padre Pino Puglisi e di altre ottanta persone (sì, ottanta ammazzati da lui), sicario della famiglia Graviano appena arrestato si pente e racconta di aver ucciso Serafino Ogliastro e di aver messo il corpo in un sacco, per poi gettarlo. «Sfidammo il potere dei Graviano quando ci costituimmo parte civile. Al processo abbiamo vissuto trent’anni della storia della mafia a Palermo e tutte le tragedie che hanno attraversato la nostra città. È come un mondo parallelo». Se Angela Ogliastro cerca ancora il corpo di suo fratello, Monica Scifo, psicologa, spera di ritrovare un giorno quello di sua madre Patrizia, uccisa a 19 anni, quando lei aveva soltanto otto mesi. Ad ammazzarla, il convivente di Patrizia, Giuseppe Spatola, padre di Monica e mafioso. Il 17 giugno 1983, eliminò quella giovane mamma perché lei aveva visto qualcosa che non doveva vedere ed era pronta a denunciare tutto. «Mio nonno, Vittorio Scifo, continuava a chiedere il corpo di sua figlia. È stato ucciso dopo un mese dalla sparizione di mia madre, il 18 luglio 1983. La risposta che cercava da Spatola fu quella di essere freddato da lui in piazza». Monica Scifo ha cambiato il suo cognome. Non ha mai voluto incontrare il padre, poi ammazzato dalla mafia per questioni interne all’organizzazione. «La sua crudeltà non mi appartiene», ha raccontato. «Io sono figlia di una guerriera che ha dato la vita per me. Mamma, tu vivi in me».

Crocifissa Volpe è la figlia di Luigi Volpe. Era un onesto camionista che la sera del 21 novembre 1990 era al bar. Entrarono alcuni sicari che iniziarono a sparare non per uccidere lui, ma altri avventori che erano nel locale. Purtroppo, Luigi Volpe fu colpito a morte. A 27 anni da quell’assassinio, per la prima vola sua figlia Crocifissa ha deciso di parlare. «Doveva esserci mio fratello qui, a Mozzecane», ha raccontato. «Quella sera era con mio padre. Ma non è venuto. Così, sono venuta io. Quando finisco di parlare di questa storia, mi sento leggera, mi sento bene, mi sento ancora più vicina al mio papà. Prima andavo a parlargli al cimitero. Oggi, invece, sono qui».

Luciana Di Mauro perse suo marito Gaetano Montanino, una guardia giurata uccisa a Napoli durante una rapina il 4 agosto 2009. L’omicida, Antonio, oggi è un altro uomo. Non è più il ragazzo affiliato al clan camorristico Contini, pronto a sparare senza alcun ripensamento. E Luciana Di Mauro ha deciso, dopo averlo incontrato, di aiutarlo in questo percorso di riabilitazione.

Attivista dell’associazione Libera, Luciana Di Mauro ha raccontato del primo incontro con l’assassino di suo marito. «Pensavo di trovarmi di fronte un mostro. Vidi soltanto un ragazzino e lo abbracciai. Mi avevano detto che voleva incontrarmi, che stava malissimo al pensiero di aver soppresso mio marito per quella rapina». Antonio ha scritto una lettera che è stata letta a Villa Vecelli da un attore. Ha ringraziato Luciana, divenuta il suo punto di riferimento per ricominciare. Perché è difficile ripartire, ma si può fare. E quattro donne coraggiose venerdì sera, incalzate dalle domande della giornalista Alice Cristiano, lo hanno dimostrato.

Luigi Grimaldi

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