<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Dall’incubo al film
La nostra pianura
è sfondo da thriller

Il fotografo Gianni Fasoli con il regista Massimiliano Biasi su uno dei set del fim
Il fotografo Gianni Fasoli con il regista Massimiliano Biasi su uno dei set del fim
Il fotografo Gianni Fasoli con il regista Massimiliano Biasi su uno dei set del fim
Il fotografo Gianni Fasoli con il regista Massimiliano Biasi su uno dei set del fim

Un incubo ricorrente trasformato in set. Il film Fiocchi di neve rossa, frutto della mente del regista e autore Massimiliano Biasi, nasce da un brutto sogno riportato prima su carta e poi nel copione per gli attori. Biasi, poveglianese, per la prima volta è stato affiancato dal fotografo villafranchese Gianni Fasolini che ha avuto, a detta dello stesso regista, un compito fondamentale.

La pellicola, come si diceva un tempo, con ogni probabilità verrà proposta per la prima volta al pubblico al cinema Metropol di Villafranca, non prima però di fare un lungo tour. Parteciperà infatti a molti concorsi in tutta Italia: dal First hermetic international film festival di Venezia al Festival cinema zero di Trento passando per Ragusa, Belluno, Imperia e Torino. Mentre, nel 2018, verrà proposto alla giuria internazionale di Berlino all’International film festival.

Fiocchi di neve rossa segna il passaggio di Biasi dal mondo del cinema amatoriale a quello indipendente e racconta una vicenda dalle tinte horror, con sfumature che sfociano nel poliziesco e nel thriller. La trama si snoda, per citarne una battuta, sulle sponde del fiume poeta: il Po. Nato da un turbamento, sono serviti mesi perché la sceneggiatura fosse pronta e lunghe riunioni nei bar di Villafranca fra Biasi, Luca Cavallini, aiuto regista e amico, e Fasolini. «L’opera è una contaminazione di generi differenti», spiega Biasi. Racconta le leggende che aleggiano sulle rive del fiume e in particolare ne viene ripresa una del XII secolo, anche se il film è ambientato ai giorni nostri. C’è un personaggio chiave nella vicenda, Gaudenzio, che vaga per le spiagge del fiume con un cercametalli in mano. La trama si infittisce quando un vecchio maresciallo inizia ad indagare sulla sparizione, proprio in quei luoghi, di una ragazzina.

«La sceneggiatura è ricca di stravolgimenti. Nella creazione di questo lavoro è stata fatta anche una ricerca personale, non convenzionale. Per esempio, ci sono cambi repentini di scena o di tematica che trovano coerenza solamente nell’interezza del film», sottolinea ancora.

L’ambientazione principale è San Benedetto Po, sul mantovano, ma non mancano certo riferimenti più vicini come Grezzano, nei pressi di Villa Canossa, e Ceraino, nella galleria dismessa, e proprio a Villafranca sono state girate alcune scene in una casa rurale.

Per questo lavoro, il regista Biasi, che alle spalle ha decine di altri cortometraggi, ma lavora in una ditta che tratta l’amianto, si è affidato anche all’esperienza nel mondo della fotografia di Fasolini. «È la prima volta che mi avvicino al cinema», spiega il neo direttore alla fotografia. «Io non conoscevo Biasi, lui però, avendo visto alcuni miei scatti, mi ha voluto nel suo progetto. Il mio ruolo è stato quello di controllare e scegliere le luci più adatte, le ombre e i riflessi, il punto di osservazione della camera, la composizione della scena, i tempi e le inquadrature. Quindi trasformare le parole del copione in cinematografia: non è stato facile».

«Abbiamo effettuato le riprese durante l’estate e poi sono servite 560 ore di lavoro per montare gli 80 minuti che compongono il lungometraggio. La scelta è stata quella di rendere tutto il più realistico possibile. Per questo motivo, è tutto in presa diretta, non ci sono doppiaggi», rivela il regista. «Poi», prosegue Biasi nascondendo qualche piccola sorpresa, «per dare più impatto alla storia abbiamo deciso di farlo in bianco e nero».

Il film, che ha un budget di qualche migliaia di euro, rimane tutt’oggi un segreto, ma con una ragione precisa: «I concorsi ai quali parteciperemo sono specifici per film inediti. Questo serve a dare ancora maggior prestigio». «Nemmeno gli attori sapevano fino in fondo la trama sino a quando non hanno visto il film completato. Non erano a conoscenza se la scena che stavano girando fosse l’inizio o la fine. Questo è un piccolo trucco che ho imparato da Pupi Avati, regista che ammiro e stimo molto», conclude Biasi.

Oltre 25 persone hanno collaborato alla realizzazione del film, tra chi doveva chiedere i permessi in Comune, chi era addetto al cast o doveva individuare i luoghi per girare come Angela Cavicchioni e Marco Molinari. «L’obiettivo?», sorridono regista, aiuto e fotografo, «è quello di arrivare al pubblico più vasto possibile». In cantiere i tre hanno già un nuovo progetto e ad essere protagonisti, questa volta, saranno i bambini.

Nicolò Vincenzi

Suggerimenti