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Dall’handicap
al coraggio
di amare la vita

Per Renzo Giacopuzzi, ex-sindaco di Buttapietra ed ora consigliere di minoranza ed ex dipendente di Equitalia, il fatto di avere una protesi al posto di una mano non è mai stato un problema tale da impedirgli di fare una vita normale. Anzi, un paio d’anni fa, aveva anche voluto fare da testimonial per promuovere l’utilizzo di una mano artificiale, la «Michelangelo», che egli assicura essere davvero funzionale. «Io sono fortunatamente riuscito a vivere senza troppi problemi, lavorando e muovendomi autonomamente grazie ad auto con comandi adattati, ma ora sono finalmente tornato a compiere azioni che per me erano diventate impossibili», raccontava allora Giacopuzzi.

Adesso, l’ex-primo cittadino ha voluto mettere la sua storia di invalido nero su bianco, scrivendo un’autobiografia che è stato pubblicata in un volume edito dalla direzione territoriale di Trento e Belluno dell’Inail: il libro è stato recentemente presentato a una mostra a Treviso.

«Un martedì d’agosto di quasi 40 anni fa, era il 1977 ed avevo 18 anni, pulendo una trincia-mais, mi sono amputato la mano destra. Ma il vero dramma non era ancora iniziato». Così inizia il suo racconto Giacopuzzi, che poi spiega come dalla disperazione di quando gli amputarono la mano, sia passato a rimettersi in gioco, pur fra grandi difficoltà e rinunciando a tanti sogni. «Per me, essere un portatore di handicap ad un certo punto non è più stato un limite ma, al contrario, un punto di forza; una sfida con la vita, con tanta voglia di dedicarmi agli stessi interessi di prima, come giocare a biliardo», scrive il cinquantasettenne.

«A quasi 40 anni da quel giorno», prosegue, «posso dire che un infortunio può anche diventare un’opportunità per vedere la realtà con occhi diversi, per imparare cose nuove e per lasciare che il mondo irrompa nella propria vita, che continua e va vissuta giorno per giorno, sconvolgendola e riordinandola». È un messaggio positivo, quello di Giacopuzzi, il quale non a caso ha intitolato il suo testo «Buona vita a tutti!». Con esso, l’uomo offre il suo apporto ad un progetto di raccolta di racconti, foto e quadri di invalidi del lavoro intitolato «Il mio coraggio»: servirà a tanti. LU.FI.

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