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Dall’America alle sartorie rare
In visita gli universitari di moda

Anna Caprara e Carlo BarbaGli studenti americani osservano una lavorazione FOTO PECORA
Anna Caprara e Carlo BarbaGli studenti americani osservano una lavorazione FOTO PECORA
Anna Caprara e Carlo BarbaGli studenti americani osservano una lavorazione FOTO PECORA
Anna Caprara e Carlo BarbaGli studenti americani osservano una lavorazione FOTO PECORA

Visita didattica in sartoria, per vedere come si lavorano giacche, vestiti e cappotti, che poi vengono venduti in boutique e store dei grandi marchi della moda maschile. Ieri mattina una quarantina di studenti dell’università di Pittsburg, in Pennsylvania (Usa), ha visitato Sartoria Cavour di Povegliano, una delle poche aziende di confezioni per uomo resistite alla crisi e alla massificazione del fashion, credendo ostinatamente nella precisione del taglio e dell’esecuzione, nella qualità e nel «su misura». Una rarità che gli iscritti ai corsi di business e moda d’Oltreoceano vengono a studiare. Accompagnati dai professori e dall’interprete, hanno fotografato giacche e vestiti, visitato l’open space pieno di banconi con macchine da cucire, angolo stireria e area taglio, dove la stoffa diventa capo d’abbigliamento. Il tutto mentre sarte ed operaie erano alle prese con il lavoro quotidiano.

A guidare il gruppo, Anna Caprara, direttore del consorzio della moda di Mozzecane, a fare gli onori di casa, invece, Carlo Barba, titolare dell’impresa. «Il Consorzio intrattiene contatti con questo ateneo e già l’anno scorso è stata effettuata una prima visita allo stabilimento», spiega Caprara. «Quest’anno partecipano gli studenti di due corsi, interessati al modello aziendale dove si produce l’autentico made in Italy».

La visita nel Veronese è iniziata l’altro ieri, quando i ragazzi hanno fatto tappa da Mero&Moore, a Verona. Oggi invece lezione a Povegliano, in mattinata e a Valeggio nel pomeriggio, allo stabilimento Mf1, una delle aziende di maglieria più importanti del Veronese, che produce conto terzi per brand della moda internazionali.

«Gli studenti avevano già visitato Mantero Seta in Piemonte per ricostruire tutta la filiera della qualità dalla materia prima alla capo finito. A noi interessa che il Veneto, ed in particolare il Veronese, vengano riconosciute come aree di produzione d’eccellenza», sottolinea Caprara.

Tra i ragazzi si fanno largo le domande. C’è chi chiede se i taschini sottili delle giacche siano stati disegnati come porta cellulari. Barba spiega che erano stati creati per i primi impiegati che li usavano per riporre il sandwich, spuntino veloce sostitutivo del pasto. «Se cucite capi che durano anni, vi serve un notevole ricambio di clienti», osserva una ragazza. «Gli uomini dovrebbero avere sempre nell’armadio una serie di capi tradizionali, possibilmente personalizzati, anche nelle misure, cosa che la nostra sartoria può assicurare. Comunque lavoriamo soprattutto contro terzi: la griffe detta i criteri tecnici che utilizziamo in esclusiva per ciascun marchio», dettaglia Barba. Gli insegnanti ascoltano, i ragazzi prendono appunti, chiedono, osservano. Su questa come su altre realtà della piccola industria della moda pesano incognite come la concorrenza. «Che non rappresenta però l’unico pericolo», sottolinea Barba. «Per noi una delle difficoltà consiste nel trovare aspiranti sarte, giovani che vogliono imparare il mestiere. Ora abbiamo 37 dipendenti, al lavoro da lunedì a sabato dalle 8 alle 14. Quasi tutte tra i 40 ed i 50 anni. Ma fatichiamo a trovare nuove leve da formare e così temiamo che realtà come la nostra possano scomparire».

Valeria Zanetti

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