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Costa caro invecchiare in casa di riposo

Una stanza della Morelli Bugna a Villafranca FOTO PECORA
Una stanza della Morelli Bugna a Villafranca FOTO PECORA
Una stanza della Morelli Bugna a Villafranca FOTO PECORA
Una stanza della Morelli Bugna a Villafranca FOTO PECORA

Mancata riforma sulle Ipab, crisi delle strutture di assistenza e quote sanitarie non aggiornate. Il futuro per i centri che si occupano degli anziani è buio alla luce della situazione attuale e dei numeri contenuti nel «Libro bianco sui centri servizi per anziani», pubblicato dal gruppo regionale del Partito Democratico, a cura di Claudio Sinigaglia, e presentato a Villafranca lunedì sera, dal capogruppo regionale del Pd Stefano Fracasso e dalla consigliera regionale veronese Orietta Salemi. I dati delineano un quadro da tempo oggetto di attenzione, ma che richiede soluzioni ormai rapide: la popolazione anziana è sempre più in aumento, ma soprattutto è sola e senza rete familiare, fenomeno che dovrà preoccupare le istituzioni dal momento che la rete familiare, appunto, è l’ancora di salvataggio da sempre del welfare italiano. L’invecchiamento della popolazione va di pari passo con un aumento della cronicità: le persone hanno più patologie con le quali convivono per anni o decenni. E qui sta il problema secondo il Pd: «Dal 2001 il Veneto aspetta l’approvazione della riforma delle Ipab, i centri servizi pubblici per anziani», spiega Salemi. «Una riforma per trasformarli in aziende pubbliche di servizi alla persona o in fondazioni di diritto privato, come previsto dalla legge statale 328 del 2000, che però il Veneto non ha mai recepito. Promesse e impegni sono stati sempre disattesi». Il Veneto dispone di 208 Ipab di varia tipologia, tra cui 111 centri di assistenza anziani pubblici e privati accreditati che svolgono la stessa funzione. Entrambi, nell’accogliere la persona assistita, ricevono dalla Regione la quota sanitaria giornaliera (l’impegnativa). A carico della famiglia o del Comune c’è la quota alberghiera (retta mensile). Oggi la presenza media giornaliera nei centri per anziani è di circa 30.000 persone non autosufficienti per 31.942 posti letto autorizzati e accreditati, tra pubblico e privato, ma con 25mila impegnative o quote sanitarie. A Verona nei 22 centri ci sono 2.312 posti letto in strutture pubbliche e 3.243 in private, ma le impegnative sono solo 4.232, con una differenza di oltre 1.323 persone che non ne usufruiscono. «Questa differenza comporta lunghe liste di attesa e costringe molte famiglie a entrare nei centri per anziani senza quota sanitaria pagandosi così l’intera retta dai 2.300 ai 3.000 euro mensili», continua Salemi che ritorna sulla necessità di una riforma delle Ipab. «La legge attuale è vecchia e non è adatta in termini di costi del lavoro e di peso dell’assistenza: il personale deve prevedere intensità di cura non paragonabile a quella di qualche anno fa, dettata dalle cronicità gravi con le quali gli anziani entrano nei centri. Le Ipab, inoltre, non sono più in grado di stare sul mercato e cercano la strada di una istituzione giuridica diversa e di diritto privato che le liberi di alcuni vincoli su costi e contratti. Alcune hanno anche messo mano al proprio patrimonio per mantenersi. Dal 2009, inoltre, il Veneto non ha aggiornato le quote sanitarie». Sono tutti fattori che mettono in crisi il sistema di assistenza: «Si creano anziani di serie A e di serie B. Poi si dice che non si mette mano nelle tasche dei cittadini? Lo si fa, invece, perché i costi ricadono sulle famiglie o sui Comuni che sostengono chi non riesce a pagare le rette. Il Veneto», conclude Salemi, «deve mettere con urgenza mano alla riforma. Il rischio è che arrivino operatori privati commerciali, grandi gruppi, che facciano speculazione fagocitando le nostre piccole realtà legate al territorio e che hanno come missione la cura e l’assistenza dell’anziano». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Maria Vittoria Adami

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