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«Catullo, chi l’ha salvato ora diventa imputato»

Mario Faccioli
Mario Faccioli
Mario Faccioli
Mario Faccioli

Si aspettava una medaglia per aver salvato la società Catullo, invece Villafranca ricorrerà al Tribunale amministrativo regionale contro il parere dell’Anac, l’autorità anti corruzione che in questi giorni ha censurato la vendita avvenuta nel 2014, delle quote societarie di Villafranca (pari al 2 per cento) in via diretta, e non per gara pubblica, alla Save, la società aeroportuale di Venezia entrata poi come socio di riferimento nella Catullo spa. Il Comune sarà patrocinato dall’avvocato Andrea Leoni che già ha seguito Villafranca nel ricorso di Sea, il gestore degli aeroporti milanesi nel 2015 che aveva opposto le stesse motivazioni rivolgendosi al Tar. Il sindaco di Villafranca, Mario Faccioli, ha annunciato il ricorso ieri mattina rassicurando, tuttavia, che l’atto amministrativo della vendita è stato deliberato ormai quattro anni fa e, per norma, non si può più ritirare. La cittadina, insomma, non corre il rischio di dover restituire il milione di euro già incassato dalla cessione delle quote e reinvestito nella nuova scuola di Dossobuono. Allora perché ricorrere al Tar? «Perché abbiamo operato in piena correttezza amministrativa e onestà, non abbiamo fatto favori a nessuno, e vogliamo che la giustizia valuti il nostro operato», spiega Faccioli. OPERAZIONE LEGITTIMA. «Questo parere non è una sentenza e crediamo che l’Anac non abbia tenuto conto di determinati aspetti come la natura della concessione ministeriale dello scalo, la natura civilistica e statutaria della società e la situazione finanziaria in cui versava all’epoca la Catullo, che registrava il terzo esercizio finanziario in debito». Il sindaco spiega che nell’operazione di vendita sono state coinvolte 300-400 persone tra tecnici, consigli comunali e camerali, segretari comunali, giuristi, dirigenti di enti a tutti i livelli, organismi interni di enti pubblici e consulenti esterni, fino a Enac e al Ministero delle infrastrutture, proprietari questi ultimi delle concessioni aeroportuali e tenuti, quindi, al controllo. «Ogni passaggio è stato valutato e sempre comunicato. L’invio del parere Anac alla Corte dei Conti non è una novità. La situazione debitoria e le modifiche societarie della Catullo sono state relazionate costantemente dal nostro Comune alla Corte dei Conti, perché la normativa e le impostazioni di bilancio ci obbligano a evidenziare le situazioni debitorie delle partecipate. Di tale situazione la Corte non solo è al corrente, ma ci ha sempre chiesto di porre attenzione seguendone gli sviluppi». Quanto alla vendita delle quote: «Abbiamo rispettato i vincoli civilistici della società e mandatari dei soci e le norme di settore. Lo statuto prevede che il gradimento sul soggetto privato entrante sia espresso dagli altri soci. Per fare una gara si deve cambiare lo statuto». Villafranca ha agito «per salvaguardare gli interessi dei suoi cittadini» legati al bilancio comunale, dunque: l’ente allora in più occasioni aveva sottolineato di non voler più concorrere a nuovi aumenti di capitale della Catullo che finivano nella voragine del debito societario. ANCORA DI SALVATAGGIO. «Allo stesso tempo», continua Faccioli, «abbiamo permesso di salvare e rilanciare una società di interesse nazionale del territorio: la Catullo nel 2014 aveva un’esposizione con le banche di 28-30 milioni di euro. Altrettanti milioni di euro di aumento di capitale dal 2011 al 2014 sono stati dilapidati». E snocciola dati: il debito nel 2011 era di 26 milioni, cui si sono aggiunti gli 11 del 2012, i 3 del 2013 e i quasi 9 del 2014. «Era una società con bilanci in negativo e debiti, senza un progetto di rilancio né un piano industriale: una barca che affondava con continui aumenti di capitale senza risultati e il deprezzarsi del valore delle quote e patrimoniale. Con lo spettro o dei libri in tribunale o della svendita di un patrimonio pubblico a valore zero, sperando che qualcuno coprisse i buchi e la mala gestione. Di lì a pochi mesi avremmo dovuto dichiarare il fallimento con ripercussioni su tutti i bilanci dei soci oltre alla chiusura dello scalo. Chi e dove sono quelli che hanno dilapidato il patrimonio della Catullo? Chi doveva controllare? Ha pagato qualcuno? Oggi mi sarei aspettato una medaglia e non di essere sul banco degli imputati. Non siamo stati contenti di vendere, ma ne valeva del territorio e del nostro Comune», conclude Faccioli. «Save ha sanato debiti che in dieci anni gli altri non hanno sanato. Ora chi ha salvato la Catullo è condannato. E chi ha mangiato se la ride». SCIACALLAGGIO. Faccioli si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa contro lo «sciacallaggio politico», riferendosi agli onorevoli Gianni Dal Moro e Filippo Civati. «Chi parla oggi perché non si è mosso prima, visto che era pure al Governo? Perché non ha chiesto il parere dell’Anac quattro anni fa? Abbiamo dovuto attendere l’esposto di un sindacalista lombardo del 2017». •

Maria Vittoria Adami

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