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Caso profughi, danneggiata
la tomba del padre di Carreri

La lampada votiva rotta e il marmo spaccato con una mazzaLa scritta lasciata sulla tomba di Amedeo Carreri FOTO PECORATelecamere al cimitero
La lampada votiva rotta e il marmo spaccato con una mazzaLa scritta lasciata sulla tomba di Amedeo Carreri FOTO PECORATelecamere al cimitero
La lampada votiva rotta e il marmo spaccato con una mazzaLa scritta lasciata sulla tomba di Amedeo Carreri FOTO PECORATelecamere al cimitero
La lampada votiva rotta e il marmo spaccato con una mazzaLa scritta lasciata sulla tomba di Amedeo Carreri FOTO PECORATelecamere al cimitero

Adesso anche la profanazione di una tomba. In stile Ku Klux Klan, l’organizzazione razzista americana, o anche con metodo tipico della mafia, a Roncolevà il contesto intorno all’accoglienza dei profughi è ormai degenerato. Dopo la sassaiola contro la villetta che ospita il gruppo di rifugiati, dopo le violenze all’auto del presidente della cooperativa che gestisce l’immobile, stavolta il bersaglio è la famiglia di Cesare Carreri, 39 anni, vice sindaco di Trevenzuolo. Le hanno devastato la tomba del padre Amedeo, morto un anno fa. Era il postino del paese e aveva 60 anni. Ma probabilmente l’azione è stata compiuta contro il fratello dell’amministratore, Giacomo Carreri, 27 anni, studente universitario di lingue, ora abitante a Verona e fino a due anni fa residente a Roncolevà. Era andato all’assemblea di lunedì sera convocata dal sindaco Roberto Gazzani per ascoltare le ragioni della protesta e le eventuali soluzioni che sarebbero state proposte.

Indirettamente, ma allo stesso modo in maniera molto pesante, sono diventati bersagli anche sua madre Laura e sua sorella Anna, oltre che Cesare Carreri.

La fotografia sulla tomba è stata spaccata con una mazza, così come la lapide e una lampada votiva, e sul marmo è stata incisa una sigla che riporta al movimento Veronesi aperti al mondo, gruppo che sta criticando e denunciando su Facebook gli episodi di intolleranza a Roncolevà e in altri comuni in cui arrivano profughi. Lo scempio al cimitero è avvenuto nella notte tra mercoledì e giovedì.

«La scena è stata durissima», racconta Giacomo Carreri. «Quando ho visto la tomba di mio padre devastata, io sono rimasto profondamente colpito sul piano emotivo. Lo stesso i miei familiari. Soltanto dopo, leggendo quella sigla scritta sul marmo, ho capito che c’era un legame tra questo gesto e la mia partecipazione all’assemblea di lunedì sera».

Ma cosa ha fatto il giovane Carreri durante quell’assemblea? «Nulla di particolare». risponde. «Ho filmato l’intervento del portavoce di Verona ai veronesi (che si chiama Alessandro Rancani, ndr) e poi il discorso della rappresentante del presidio di cittadini di Roncolevà (Tatiana Mariotti, ndr). Probabilmente sono stato individuato come l’autore di uno scritto di critica del gruppo Veronesi aperti al mondo. Ma non l’ho redatto io quel testo. Inoltre, non vorrei che le mie parole venissero stravolte. Sono condivisibili le osservazioni sulle condizioni in cui vivono i profughi nella villetta di Roncolevà».

Attivo nel volontariato, lo studente ha «una sua visione del mondo», scrive il fratello vice sindaco sul suo profilo Facebook. Cesare Carreri, ex iscritto al Partito democratico, ha ricevuto decine e decine di attestati di solidarietà, così come è accaduto ai suoi familiari. «Se avete informazioni che ritenete possano essere di qualche utilità per le indagini in corso, vi invito a contattarmi o a contattare i carabinieri di Isola della Scala: non siate complici di questo schifo», è l’appello che lancia, preoccupato soprattutto per il clima che si è creato nel paese che amministra. E questo copione, con un livello di tensione altissimo, non a caso va in scena a Roncolevà. Lì, alla prima manifestazione di protesta contro l’arrivo di quaranta profughi nella villetta di un privato venduta alla cooperativa di Vercelli, hanno partecipato anche sei sindaci, accanto ai cittadini del comitato spontaneo e ai simpatizzanti del movimento Verona ai veronesi, un universo mondo che raccoglie personaggi dell’estrema destra. In questa maniera, a Roncolevà, c’è stata una legittimazione delle istituzioni verso le frange più intolleranti contro l’accoglienza.

I predicatori di Verona ai veronesi condannano i gesti di violenza, ma, evidentemente, a qualcun altro le parole non bastano. E agisce. Così, da un lato si alimentano le paure delle popolazioni con discorsi sui profughi a dir poco apocalittici. Poi, quando cala la notte, c’è il blitz che è impossibile (almeno fino all’esito dell’indagine) attribuire a uno specifico gruppo.

È accaduto a Sant’Anna d’Alfaedo, dove la struttura che avrebbe dovuto accogliere una trentina di profughi è stata bruciata. Ma a Roncolevà è successo un altro fatto, abbastanza nuovo. Dopo la sfilata dei sindaci, Verona che dialoga, un cartello di 31 associazioni tra i quali il Cestim con Carlo Melegari, Mao Valpiana e don Giuseppe Mirandola, ha denunciato gli episodi di violenza conditi dalla discriminazione razziale. E questo non dev’essere piaciuto a chi cerca di esercitare un controllo del territorio od ottenere un consenso politico anche attraverso le paure generate dalle ritorsioni. Sulla devastazione della tomba di Amedeo Carreri, c’è una pista che porta ad autori o fiancheggiatori che vivono in paese. Bisognava conoscere bene dov’era. E sapere che il padre del vice sindaco e del giovane studente era morto un anno fa. Altrimenti, in un cimitero di notte, nessuno avrebbe rischiato di farsi scoprire con una torcia tra le mani mentre legge i nomi delle tombe prima di arrivare al bersaglio. Gli investigatori stanno verificando se le telecamere del cimitero funzionavano. L’analisi dell’eventuale filmato potrebbe portare a risolvere il caso.

Luigi Grimaldi

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