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CamminaCustoza
fra battaglie
vigneti e spighe

Segnaletica del percorso «CamminaCustoza»
Segnaletica del percorso «CamminaCustoza»
Segnaletica del percorso «CamminaCustoza»
Segnaletica del percorso «CamminaCustoza»

«Custoza, finalmente una vittoria», recitava simpaticamente qualche anno fa la pubblicità di un vino. In effetti il nome di Custoza viene invariabilmente associato alle celebri battaglie avvenute nella primavera del 1848. Battaglie che, come è noto, si risolsero a sfavore dei Piemontesi. Ma cosa accadde, effettivamente?

Nel corso della Prima Guerra d’Indipendenza, e segnatamente nella primavera del 1848, l’esercito piemontese, sfondato il quadrilatero a Peschiera, volgeva le proprie schiere alla conquista di Verona. Tuttavia a causa della mancanza di unità nell’ambito del gruppo di comando, le truppe dei Savoia furono costrette a stazionare per circa un mese nei pressi di Sommacampagna. Cosicché, alla ripresa delle ostilità da parte degli Austriaci, i Piemontesi furono presto circondati e isolati. Costretti alla ritirata, si trovarono a dover affrontare il nemico sulle colline di Custoza.

Staffalo, Monte Godi, Monte Croce, furono teatro di queste battaglie che si risolsero in una cocente sconfitta. Diociotto anni più tardi, nel 1866, le colline di Custoza furono nuovamente fatali all’esercito piemontese, che venne sconfitto una seconda volta. Non fu tuttavia una sconfitta inutile nel quadro storico complessivo perché gli scontri indebolirono la compagine austriaca e il Lombardo-Veneto, alla fine, venne liberato e passò all’Italia. Nel quadro storico delle battaglie citate, si inserisce la leggenda del Tamburino Sardo, personaggio nato dalla fantasia di Edmondo De Amicis, autore del celebre libro Cuore. Il deamicisiano Tamburino Sardo altri non era che un ragazzo arruolato nell’esercito piemontese e incaricato di consegnare a Villafranca un messaggio con richiesta di aiuto. Uscito furtivamente dalla casa, dove la sua compagnia si era rifugiata, viene ferito a una gamba mentre corre verso Villafranca. Nonostante la perdita di sangue e il dolore lancinante riesce a portare a termine la missione e a salvare i compagni. Nel racconto di De Amicis si legge, a conclusione della vicenda, che il capitano, commosso dall’impresa del Tamburino, portò la mano al proprio cappello in segno di saluto dicendo: «Io non sono che un capitano, tu sei un eroe».

Episodi risorgimentali a parte, Custoza è anche molto altro. Anzitutto è una splendida terra collinare ricca di vigneti da cui si ricava un pregiato vino, ma è anche terra di ville, monumenti, ristoranti, aziende agricole e, negli ultimi anni, meta di piacevoli escursioni lungo gli itinerari per escursionisti e bikers realizzati dal Comune assieme alle associazioni locali. Fra questi ricordiamo l’anello del «Tamburino sardo», «I percorsi delle battaglie del 1848» e il bellissimo «CamminaCustoza».

Si tratta di un itinerario, fattibile anche in mountain-bike ma concepito essenzialmente per chi cammina, che si snoda per circa otto chilometri nella zona collinare a nord-ovest di Custoza. Si sviluppa fra alture di modesta altezza ma di grande fascino. Sono le colline sudorientali dell’anfiteatro morenico del Garda. Si cammina in mezzo a una grande ricchezza di fiori, piante e acque, accompagnati da un clima mite e temperato tutto l’anno.

Risulta difficile immaginare oggi che un’immensa colata di ghiaccio terminasse proprio qui. Eppure questo accadeva realmente migliaia e migliaia di anni or sono sia lungo l’odierna Valle dell’Adige sia lungo il vasto solco dove oggi si trova il lago di Garda. La più occidentale, e anche la più grande di queste colate di ghiaccio riempiva infatti l’intero bacino attuale del Garda e, come un enorme anfiteatro, terminava nell’alta pianura padana fra gli attuali territori di Salò, Valeggio e Sommacampagna. Col tempo, e soprattutto grazie a un clima via via più mite, i ghiacciai si sciolsero sino a ritirarsi fra le cime delle Alpi. E così, là dove un tempo vi era solo ghiaccio e pietre trasportate da esso (queste ultime dette in gergo scientifico «morene»), oggi si estendono meravigliose colline articolate in «monti» che, nonostante il nome, sono in realtà elevazioni di poco superiori ai 200 metri di quota.

Eugenio Cipriani

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