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Baskin senza barriere Tutti uguali in campo

Un’azione al torneo di baskin disputato a Povegliano
Un’azione al torneo di baskin disputato a Povegliano
Un’azione al torneo di baskin disputato a Povegliano
Un’azione al torneo di baskin disputato a Povegliano

Nicolò Vincenzi Se davvero nello sport l’importante è partecipare, farlo insieme oltre ogni barriera lo è ancora di più. A Povegliano, giovedì scorso, si è tenuto uno dei primi tornei di baskin fra le classi delle scuole medie. Questa disciplina (che non ha ancora tutti i crismi per essere definito uno sport riconosciuto) non insegna la mancanza di differenze mentali o fisiche, ma è la prova che pur in presenza di esse si può giocare e vincere insieme. Il baskin è nato a Cremona nel 2003 e sta espandendo i suoi orizzonti. Le regole sono molto simili a quelle della pallacanestro, ma rivisitate per far diventare i quattro canestri messi sui lati del campo uno sport adatto a tutti. L’istituto comprensivo Arrigo Balladoro in questo senso è uno dei capifila in provincia di Verona; insieme alle secondarie di primo grado di Vigasio, Dossobuono e Valeggio hanno dato vita al torneo che si è tenuto proprio nella palestra di Povegliano. In un primo momento, grazie ad un corso tenuto dalle insegnanti, gli alunni hanno potuto apprendere le regole, e poi giocare. Lo stesso lavoro è stato fatto con i bambini della primaria. Qui, però, la fantasia ha avuto la meglio: per spiegare i fondamentali le maestre hanno creato un mondo di cavalieri, principi e principesse. Per giocare a baskin viene utilizzato lo stesso campo del basket a cui, però, vanno aggiunti altri due canestri posti sui lati lunghi del rettangolo di gioco. Questi cesti, di due altezze diverse, sono delimitati da una piccola area, in cui può giocare solo il numero con le decine dell’uno e del due. Tutti i giocatori infatti sulle maglie hanno i numeri, come nel più famoso sport. La differenza nel baskin è che il numero delle decine indica il ruolo e quello delle unità identifica il singolo giocatore. I ruoli 1 e 2 coincidono con i giocatori diversamente abili o con gravi difficoltà motorie. Si chiamano pivot e stanno in un’area in cui non c’è contatto fisico. Il ruolo 3, invece, indica un giocatore normodotato e che possiede un uso totale, o quasi, delle mani. Il 4, è un principiante della pallacanestro, mentre il 5 è un vero cestista anche fuori dalle mura scolastiche. In base al ruolo i canestri realizzati hanno diversi punteggi e i giocatori in campo possono marcare solo atleti del loro livello o più alto. «È uno sport altamente inclusivo», spiega Alessandra Finizio, una delle professoresse della scuola media di Povegliano che ha portato il baskin in paese quando era ancora poco conosciuto. «Qui nessuno si sente escluso. Possono giocare tutti, maschi e femmine insieme. Ma soprattutto chi è bravo in questo sport sa che deve coinvolgere e cercare anche chi lo è meno o fa più fatica, altrimenti non ha possibilità di vincere». Come tutti quelli di squadra anche questo è un gioco altamente inclusivo. Durante il torneo, in cerchio, Edoardo, Gregorio, Francesco, Pietro e Giorgia (tutti giocatori di basket) raccontano: «È più difficile rispetto a quando giochiamo nelle nostre squadre. Qui ci sono regole diverse. Ad esempio, possiamo fare solo un certo numero di tiri e canestri. Però è bello insegnarlo a chi non lo pratica di solito e soprattutto nessuno viene escluso». Poco più avanti, minuta, seduta per terra in attesa di entrare in campo, c’è Aurora. Alla domanda se le piaccia il baskin senza pensarci troppo fa cenno di sì con la testa e spiega: «Così posso giocare anch’io e stare in campo: nella mia area nessun altro può entrare. In campo, altrimenti, verrei travolta». Analizzando l’aspetto educativo che la disciplina porta con sé, Finizio sottolinea: «In questo modo chi ha difficoltà riesce a giocare e a toccare la palla. Durante la partita possono essere utilizzati palloni diversi, per favorire chi ha difficoltà nella presa. Pensiamo poi a chi sta in carrozzina: questa è l’unica maniera per renderlo partecipe sportivamente insieme ai compagni. Sta nella sua area e i compagni gli passano la palla; lì con i suoi tiri liberi può realizzare punti importanti per la squadra». L’insegnante poi evidenzia le differenze fisiche che già alle medie iniziano ad essere evidenti fra i ragazzini: «Qui non c’è questo tipo di discriminazione, anzi. Le eccellenze nel basket, soprattutto quelle maschili, sono obbligate a porsi dei limiti, lo prevedono le regole. Non danno spazio solo a un loro sfogo personale. Devono capire che ci sono anche altri con altre caratteristiche. C’è un intervento educativo», prosegue. Al progetto che ha coinvolto l’intero Istituto hanno partecipato una quarantina di alunni delle medie e 80 delle elementari. •

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