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La settecentesca
Villa Bellini
passa a Riello

Villa Benini a Castelrotto di Negarine
Villa Benini a Castelrotto di Negarine
Villa Benini a Castelrotto di Negarine
Villa Benini a Castelrotto di Negarine

Riello Elettronica ha acquistato Villa Bellini a Castelrotto di Negarine, l’azienda impegnata nell’agricoltura biologica da più di venticinque anni e in quella biodinamica da sette. Ma a chi nel mondo vitivinicolo parla della Valpolicella come terra sempre più di conquista, l’ex proprietaria Cecilia Trucchi assicura: «Una delle condizioni della vendita è che si continui con l’agricoltura biologica e Pierantonio Riello sembra su questa linea e con intenzioni positive».

La settecentesca Villa Bellini, circondata da un alto muro di cinta, il cosiddetto «brolo», che la nasconde alla vista di chi passa, è un vero gioiellino: viali, cipressi secolari, annessi rustici del Seicento, tradizionali marogne, grotta con una sorgente, un laghetto nel bosco. Ma soprattutto la villa veneta, che si trova sulle colline terrazzate di Castelrotto con splendida vista sulla Valpolicella, ha vitigni autoctoni centenari di corvina, corvinone, rondinella, molinara, coltivati con metodo biologico certificato. Sono in tutto sei ettari tra vigneti, oliveti, frutteto e bosco.

«C’è un tempo per tutto», dice Cecilia Trucchi per spiegare le motivazioni della vendita e l’abbandono dell’attività. «Nessuno della famiglia ha intenzione di continuare con il vino, quindi ho venduto. Ho raggiunto gli obiettivi che mi ero prefissata, con coerenza e grande soddisfazione. Il lavoro sento che è concluso, ho sperimentato molto, anche vini nuovi con un’ottica nuova, unica per la Valpolicella». Senza essere assoggettata a obiettivi di mercato, come il bisogno di produrre per forza l’amarone perché è di moda ed è esportato in tutto il mondo e in Valpolicella rende molto.

«Dal 1990 ho seguito il biologico», continua l’imprenditrice, «è stata una storia preziosa, credendoci veramente. Ero molto interessata, sinceramente. Il biologico ora va di moda, il mercato lo richiede e quindi lo fanno in tanti, perché conviene. Io invece ero proprio convinta: il vino che volevo fare l’ho fatto». Quel vino si chiama Taso, un Valpolicella Classico superiore, raffinato e ricercato. Ma l’azienda di Villa Bellini ha avuto, come caratteristica, quella di imbottigliare vini con etichette sempre diverse, con colori ogni anno diversi. «Il nostro territorio piange, il lavoro è stato duro, di sacrificio», continua, «il luogo è unico e bellissimo e ho cercato di preservarlo il più possibile dall’inquinamento o dalla rovina. Il mio è stato un rapporto diretto con la natura e l’ambiente, un lavoro manuale, fatto di scelte coerenti: ho messo alberelli, tolto pergole, il vino non si fa solo in cantina».

Riello, che ha firmato il rogito da qualche giorno, appena la Villa sarà libera, ha già intenzione di mettere a punto con i tecnici e consulenti un programma per le coltivazioni biologiche.

Giancarla Gallo

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