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Il «Bisso-galeto», parente stretto del serpente azteco

Un murale a Sant’Ambrogio dedicato al mitologico animale metà gallo e metà serpente
Un murale a Sant’Ambrogio dedicato al mitologico animale metà gallo e metà serpente
Un murale a Sant’Ambrogio dedicato al mitologico animale metà gallo e metà serpente
Un murale a Sant’Ambrogio dedicato al mitologico animale metà gallo e metà serpente

Giancarla Gallo Una delle leggende più vive e intriganti della Valpolicella, ma anche di molte altre zone della nostra provincia, è quella del «Bisso-galeto» o «Cantagal». A detta di quelli che l’hanno visto, e non sono pochi, si tratta di un serpente con la testa da gallo, dotato di corna, di lingua biforcuta, due ali, lo sguardo che poteva ipnotizzare e che emetteva dei suoni, quasi un canto, che si sentiva da molto lontano. Essere tremendo, insomma, il «Bisso-galeto», tanto che i genitori invitavano i bambini a restare in casa, spaventandoli dicendo loro che avrebbero potuto incontrare il «bisogaleto». Qualcuno addirittura raccontava di loro parenti uccisi dall’animale che li incantava, o di qualcuno morto per lo spavento; qualcun altro era riuscito persino catturarlo e a metterlo in esposizione per farlo vedere a tutti. Dell’animale fantastico se ne parlava, con dovizie di particolari, soprattutto nei filò nelle stalle, insieme ad aneddoti, ai racconti sull’Ometo, uno «spiritello» che faceva rumori nelle case, specie di notte, e dispetti, magari trasformando il vino in aceto (qualcuno l’aveva visto, fuori, che si nascondeva tra le siepi) o le «strie», le streghe che facevano cose sensazionali, anche per fare arrabbiare qualche prete. Ne parla diffusamente il giornalista e scrittore Uberto Tommasi nel suo libro Canta Gal, edito da Damolgraf nel 1999, che raccoglie una serie di interviste fatte ad anziani. A coloro cioé che vissero un’epoca in cui eventi, personaggi e animali paurosi avevano vita e realtà in racconti e ricordi affascinanti, contro una modernità che sembra aver fagocitato anche le leggende, appiattendo tutto nei notiziari. Ma queste leggende e superstizioni, dure a morire, che ad alcuni possono sembrare solo immaginarie, sono in realtà molto vicine a culti universali perduti nel tempo. Il «Bisso galeto» corrisponderebbe al basilisco, di cui hanno parlato molti scrittori, tra cui Dostoevskij. Lo storico greco Erodoto, nel secondo libro delle Storie, descrisse questi animali come serpenti alati che dall’Arabia volavano verso l’Egitto e gli ibis li contrastavano, uccidendoli. Plinio il Vecchio parlava del loro fischio, che uccideva i serpenti, ma solo le donnole riuscivano ad annientarli. Del mitico gallo serpente esiste una ricca iconografia, presente soprattutto nell’ «Atlante della terra», realizzato dal francese Guillame Le Testu nel ’500, dove è rappresentato col petto azzurro e coda lunga e rosso scuro, proprio come descritto dai vecchi valpolicellesi, simile anche al drago cinese e al serpente piumato azteco. •

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