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Dalla Valpolicella al Polo Sud a scovare i neutrini

Delia Tosi: «Papà  mi ha sempre parlato dell’immensità dell’universo»
Delia Tosi: «Papà mi ha sempre parlato dell’immensità dell’universo»
Delia Tosi: «Papà  mi ha sempre parlato dell’immensità dell’universo»
Delia Tosi: «Papà mi ha sempre parlato dell’immensità dell’universo»

Il suo nome, Delia, è di origine greca e significa «chiara, luminosa». E molto chiaro, fin da bambina, era il suo sogno nel cassetto: studiare l’universo. Da adolescente l’ha perfezionato sviluppando, dice lei, «una fissa per i neutrini», quelle particelle subatomiche molto difficili da rilevare perché piccolissime e prive di carica elettrica. Una vera sfida. Alla fine quel cassetto l’ha aperto, Delia Tosi, nata a Verona e cresciuta ad Arbizzano. È diventata una scienziata che scruta i misteri dell’universo e dà la caccia proprio ai neutrini, impegnata in prima persona a progetti della comunità scientifica internazionale che stanno aprendo il campo a una nuova astronomia. Delia Tosi, infatti, è nel team di IceCube, ad oggi il più grande rivelatore di neutrini esistente: dopo aver captato una serie di segnali, ha permesso d’individuare la prima sorgente di neutrini cosmici. «Una scoperta eccezionale, al pari di quella delle onde gravitazionali del 2015 o del Bosone di Higgs del 2012», spiega la giovane scienziata negrarese. «È frutto di decenni di ricerca sperimentale, una ricerca ostinata e appassionante per noi della comunità scientifica, che non ci scoraggiamo di fronte a difficoltà e lunghe attese». Dopo il diploma al liceo classico Maffei, a Verona, e la laurea in ingegneria elettronica al Politecnico di Milano, Delia si è trasferita in Germania una decina di anni fa per completare il dottorato in astrofisica all’università Humboldt di Berlino e all’istituto DESY di Zeuthen. Il dottorato di ricerca le ha permesso di entrare a far parte del mondo della ricerca sui neutrini e del progetto IceCube. Per contribuire alla sua costruzione è stata al Polo Sud diverse volte, tra il 2007 e 2010, e più recentemente è tornata in Antartide anche dopo il suo completamento. Un’esperienza unica, per il corpo e per la mente, che ogni volta l’ha entusiasmata. Dall’Europa è poi approdata in America, negli Stati Uniti. Dopo un post-dottorato ad UC Berkeley, sempre su IceCube, e un altro all’università di Stanford per un esperimento focalizzato su alcune proprietà dei neutrini, da cinque anni Tosi è tornata a lavorare sul progetto IceCube all’università dello stato del Wisconsin, nella capitale Madison. «Spero che aspiranti scienziati siano incoraggiati dalla mia storia», continua la giovane di Arbizzano. «Anche venendo da un piccolo paese, in provincia di Verona, e anche avendo fatto il liceo classico, si può entrare a far parte di questi progetti che lavorano a scoperte che saranno ricordate negli anni a venire». Non senza sacrifici, comunque. «Servono impegno e testardaggine, oltre che la voglia di andare all’estero, e non bisogna mai farsi abbattere dalle delusioni». Ammette che sente la mancanza della sua famiglia. «Mi spiace non poter venire per un weekend, decidendo il giorno prima. A me il coraggio di andare all’estero e mollare tutto non è mai mancato, ma è molto più difficile rimanerci, lontani da casa». Del resto, se è una scienziata lo deve un po’ anche a papà, avvocato appassionato di scienza. «Quando guardavamo le stelle cadenti, ad agosto», ricorda, «mi raccontava di come la Terra sia solo un pianetino in un sistema solare, delle galassie, del Big Bang e dell’immensità dell’ universo». Anche la Valpolicella e Verona le mancano, come tutta l’Italia, il mare, le Alpi... Pensa di rientrare, un giorno? «Sì, certo che ci penso, ma al momento non è molto realistico visti i metodi di assunzione», risponde. «L’ultimo concorso per l’Istituto nazionale di fisica nucleare richiedeva di tornare per due giorni di esami molto generici, più un altro a distanza di un mese per un colloquio. Se hai un lavoro impegnativo all’estero, e non vuoi farti licenziare, non è tanto fattibile». Ma c’è di più. Il suo amore appassionato per i neutrini. E c’è IceCube. «L’Italia non partecipa e io rimango fedele a questo progetto: ancora mi gira la testa se penso a quel che abbiamo costruito e al fatto che sì, funziona proprio bene». •

Camilla Madinelli

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