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Trova il trombino
e cerca il prozio
morto sul Carso

Alpini davanti al nome di Fioravante Cisamolo inciso sul granito del sacrario di CaporettoFranco Cisamolo con il trombino
Alpini davanti al nome di Fioravante Cisamolo inciso sul granito del sacrario di CaporettoFranco Cisamolo con il trombino
Alpini davanti al nome di Fioravante Cisamolo inciso sul granito del sacrario di CaporettoFranco Cisamolo con il trombino
Alpini davanti al nome di Fioravante Cisamolo inciso sul granito del sacrario di CaporettoFranco Cisamolo con il trombino

Quel trombino vecchio di oltre cent’anni, trovato in soffitta da Franco Cisamolo, ha dato lo spunto al suo scopritore per risalire alla storia e alle vicende del suo antico proprietario, quel Fioravante Cisamolo morto trentunenne sul Carso nel 1916.

«Era stato nascosto durante la seconda guerra mondiale nel timore che fosse ritenuto un’arma e sequestrato», racconta Cisamolo, «ma la sua riscoperta mi ha permesso di ripulirlo e riportarlo alla dignità che merita, in ricordo del mio prozio e del suo sacrificio».

Fioravante Cisamolo, classe 1885, era stato arruolato nel battaglione Valcamonica del 5° Reggimento Alpini, 250ª compagnia. Arrivando da Podestaria con la sua compagnia e diretto verso la prima linea, era passato dalla Val d’Illasi e da contrada Bernardi di Selva di Progno, dove abitava la famiglia e la giovane moglie Caterina Cappelletti con il loro figlioletto Bruno di appena due anni. Non gli fu permesso di fermarsi ma solo di essere accompagnato fino a Campobrun dal fratello Costante, più vecchio di due anni, che si caricò in spalle lo zaino di Fioravante per il tratto di salita che gli fu permesso di fare assieme alla compagnia. Di Fioravante la famiglia non seppe più nulla, fino all’arrivo dell’estratto di morte che certificava come «il 16 settembre 1916, mancava ai vivi sulle pendici del Monte Cukla, a quota 1583 metri, alle ore 8 e minuti 30, il caporale Cisamolo Fioravante, in seguito a ferita da scheggia di bomba a mano alla testa e sepolto a Monte Cukla nei pressi della cappella dell’Addolorata».

Il nipote di Fioravante, Amadio, figlio di Costante che aiutò il fratello a portare lo zaino, e papà di Franco, fece il militare nella stessa zona, che allora, prima del secondo conflitto mondiale, era territorio italiano. «Papà ha sempre raccontato di essere passato di là durante una marcia e di aver scavalcato la recinzione del cimitero trovando la croce con il nome dello zio», racconta Franco.

Nel 1938 i corpi dei militari furono riesumati e portati nell’ossario di Caporetto: poi venne la guerra, la perdita di quei territori e anche la difficoltà a tornare sul posto. Di Fioravante restò solo il ricordo nei familiari e nella moglie, morta ottantenne e mai più risposatasi, che ebbe anche la sfortuna di perdere il figlioletto lo stesso anno della morte del marito.

Quel trombino trovato in soffitta è stato per il nipote Franco l’impulso a tornare sulla tracce del prozio. Così cercando negli archivi matricolari e militari è riuscito a sapere della sepoltura a Caporetto e con il figlio Claudio e l’amico Lino Ferrazzetta sono partiti con i gagliardetti del gruppo Alpini di Selva di Progno e dell’Associazione combattenti e reduci, con l’impegno di trovare il luogo di sepoltura e rendere omaggio a Fioravante.

«È stata una commozione grande arrivare e riuscire a trovare il suo nome inciso sulla pietra dell’ossario fra migliaia di altri caduti. Ho avuto un nodo in gola pensando alla sua vita difficile, all’addio alla giovane sposa e al figlioletto che non avrebbe più rivisti. Oggi il suo trombino, che ho appeso in casa, mi fa sentire ancora più vicina e familiare la sua storia», conclude Franco Cisamolo.

È una storia che Gino Ivano Corradi, dell’associazione folcloristica I Trombini di San Bartolomeo delle Montagne intende recuperare e inserire nel libro che sta preparando e nel quale aggiungerà racconti e testimonianze della gente di Lessinia e dei suoi trombini.

Vittorio Zambaldo

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