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«Tanto vale parlare
della soppressione»

«Senza alcuna volontà polemica, ma con spirito costruttivo, da ex membro del Comitato tecnico scientifico (Cts) del Parco della Lessinia, ritengo che la scelta di ridurre a aree contigue le zone agro silvo pastorali, senza alcun confronto o dibattito in merito, non sia stata delle migliori», esordisce Gianmarco Lazzarin, professore a contratto di Geografia sociale e culturale, topografia e cartografia all’Università di Verona, nonché guida naturalistica ambientale e autore di diverse pubblicazioni sulla Lessinia.

«L’ultimo Comitato tecnico scientifico in carica, con l’allora presidente Claudio Melotti (anno 2011), dopo un lungo lavoro di mediazione e di valutazione, era arrivato a una buona proposta di revisione del Piano ambientale», ricorda il docente universitario, «ed effettivamente, dopo molti anni, necessitava di modifiche che rispondessero alle esigenze del territorio e di tutte le realtà che vivono il territorio. Perché allora non ripartire da quella proposta di modifica, già concertata e condivisa?», si chiede.

SOTTOLINEA anche che «il Parco, nei suoi quasi 27 anni di storia (li compirà il 30 gennaio prossimo), ha visto susseguirsi molti presidenti, tutti rappresentanti delle amministrazioni locali che, durante i loro mandati, ripetevano anche a noi del Cts che “senza il Parco non potremmo pagare i dipendenti della Comunità Montana” (peraltro solo due, direttore e guardiaparco, a servizio dell’area protetta), “senza i contributi del Parco non si sarebbero potuti ristrutturare gli edifici delle malghe”. Aggiungo io che senza il territorio ricadente all’interno dell’area Parco (e l’area contigua non lo è, secondo la legge quadro 394/1991), molti dei progetti dei passati Piani di sviluppo rurale avrebbero avuto punteggi ben più bassi e quindi a rischio di non essere approvati».

«Se questa è la strada che si intende seguire, ossia di un Parco a macchia di leopardo, che non sia più lo specchio di un territorio omogeneo qual è quello dell’altopiano della Lessinia», prosegue, «mi chiedo se non sia allora meglio chiederne ufficialmente la soppressione; così non ci saranno più i vincoli tanto osteggiati, ma verrebbe a mancare un elemento che, volenti o nolenti, è ormai un simbolo del territorio che in quasi tre decenni ha contribuito notevolmente alla tutela e alla valorizzazione della Lessinia».

«La modifica al Piano ambientale, sulla scorta proposta di revisione del citato Comitato tecnico scientifico, mi sembrerebbe perciò la migliore soluzione, per la Lessinia e per il suo Parco», conclude Lazzarin. V.Z.

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