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Spedito al fronte
a17 anni e mezzo
A 18 era già morto

I nomi che da novant’anni sono fredde lettere sulla pietra del monumento ai Caduti di Erbezzo, da oggi hanno volto e storie da raccontare grazie al lavoro appassionato e certosino di Daniel Scandola e Lucia Zampieri. A loro si deve la realizzazione dell’Albo d’oro. Caduti di Erbezzo, guerra 1915-18. Storia dei reduci (214 pagine, 13 euro), pubblicato dal Centro studi dell’Associazione nazionale alpini, con il contributo della sezione di Verona, del gruppo alpini di Erbezzo e del Comune.

In una serata molto partecipata è stato presentato alla popolazione, a nipoti e pronipoti di quei caduti e reduci i cui nomi ormai non dicevano più nulla a nessuno se non per le assonanze che sono frequenti in paese nei cognomi di Campedelli, Fantoni, Falzi, Massella, Menegazzi, Morandini, Piccoli, Segala...

«Il monumento costruito a metà degli anni Venti è frutto di una raccolta di fondi fra i reduci e la sua realizzazione fu affidata allo scultore Ruperto Banterle, lo stesso delle statue del ponte Garibaldi a Verona. Siamo partiti dai nomi e dall’archivio matricolare del Comune, dove per ogni maschio in età di leva erano elencati i genitori, la data di nascita e il reparto di destinazione», ha raccontato Scandola. Un passaggio utile per risolvere molti casi di omonimia e con la matricola risalire attraverso i documenti dell’Archivio di Stato alla storia personale di ciascuno sotto le armi.

Se il nome sul monumento parla semplicemente di Caduti, nel libro si raccontano di ciascuno i dati anagrafici, maternità e paternità, residenza, statura, misura del torace, colore dei capelli e degli occhi, professione, se sappia leggere e scrivere e vengono riportate le varie destinazioni nei diversi reparti e la località di morte. Dei 26 nomi scritti sul monumento 22 sono caduti in battaglia e quattro sono morti fra il 1919 e il 1924 per malattia o per le ferite riportate in guerra. Uno dei nomi appartiene a una soldato che era morto nella guerra di Libia del 1911-’12.

Di tutti il più vecchio è Fioravante Morandini, contadino, morto nel 1924 a 46 anni, e il più giovane Benedetto Segala, di professione carrettiere, chiamato alle armi a 17 anni e mezzo, arrivato in territorio di guerra un mese prima di compiere 18 anni e morto cinque mesi dopo per malattia all’ospedale militare di Thiene.

I RICERCATORI hanno scoperto un soldato morto in guerra ma non presente con il proprio nome sul monumento: si tratta di Antonio Zampieri che dopo aver combattuto in Libia per due anni era stato richiamato al fronte della Grande guerra ed è morto in incidente stradale sulla strada da Primolano a Enego, mentre era in servizio al Sesto reggimento Alpini. «Il suo nome risulta cancellato dalla lista dei Caduti e la nostra ricerca intende riabilitarlo a un secolo dalla sua morte, per ricordarlo come tutti gli altri», ha precisato Scandola, a cui ha risposto immediatamente il sindaco Lucio Campedelli promettendo che per la ricorrenza del 4 novembre il suo nome sarà aggiunto sul monumento.

Il lavoro dei ricercatori non si è limitato ai Caduti, ma grazie agli archivi si è spinto anche ad elencare i reduci e casi emblematici come quello dei fratelli Morandini: Giovanni Battista, 27 anni, l’unico caduto di Erbezzo di cui non si conosca la sepoltura; Alessandro morto sul Carso per una ferita alla testa a 23 anni; Filippo, morto a Erbezzo nel 1924 a 35 anni. Erano tutti e tre orfani di madre e padre e per la chiamata alle armi avevano lasciato sola a casa Maria, una sorella disabile. «Ho acquisito consapevolezza scoprendo le storie di queste persone che mi sembra di aver sempre conosciute. Spero che il libro serva a commemorare il prossimo 4 novembre con maggior coscienza», ha concluso Scandola.

L’intervento di Lucia Zampieri, che Stefano Lorenzetto ha definito sull’Arena, in uno dei suoi fondi domenicali, «cercatrice di anime», è stata la lettura di una pagina di diario verosimile di Giovanni Battista Falzi, mandriano di 23 anni, di contrada Stocchi, decorato con croce al merito di guerra. Le sue parole risuonavano in una sala ammutolita e sbigottita per le immagini crude e vere proiettate. «È frutto della ricerca di un anno per la quale devo ringraziare la mia famiglia, ma era un dovere morale raccontare la vita di eroi dimenticati, che non sono tornati, e quando lo hanno fatto hanno trovato familiari sopravvissuti a un’altra guerra, con cuori induriti e voglia di dimenticare. Davanti al monumento ai Caduti abbiate rispetto. Leggete i nomi e ricordateli, perché sono sangue del vostro sangue».

Vittorio Zambaldo

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