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«Sfingi» e «fade»
La Lessinia
più misteriosa

Il sorgere della luna sulla Valle delle Sfingi
Il sorgere della luna sulla Valle delle Sfingi
Il sorgere della luna sulla Valle delle Sfingi
Il sorgere della luna sulla Valle delle Sfingi

La chiamano Valle delle Sfingi ed è una delle peculiarità naturalistiche, sul piano geomorfologico, del Parco naturale regionale della Lessinia. Si allunga da est ad ovest circa duecento metri a monte dell’abitato di Camposilvano. L’appellativo però non deve trarre in inganno: dell’antico Egitto non vi è traccia alcuna e, ad essere obiettivi, i caratteritici monoliti che hanno dato origine al nome in realtà ricordano più dei funghi che la mitica creatura.

IL TOPONIMO è di origine relativamente recente. Sino a metà del secolo scorso, infatti, la valle si chiamava Vajo del Brutto e Brutto si chiama ancora oggi il piccolo agglomerato rurale posto a metà valle. Il giro che proponiamo in questa sede percorre inizialmente tutta la Valle delle Sfingi sino a raggiungere il largo crinale erboso dove d’estate corre il sentiero 253 e da questo va poi al belvedere del Sengio Rosso, impressionante balcone sull’alta Val d’Illasi (da non confondere con l’omonimo Sengio situato però sopra Caprino, sul Monte Baldo).

DA QUI si torna verso ovest e si raggiunge il Monte Bellocca che domina il lato orientale della Conca dei Parpari. Qui, sul Bellocca, anziché con le sfingi avremo a che fare con le «fade», leggendarie figure femminili dalle caratteristiche ambivalenti: ora benevoli all’uomo e ora malvagie.

In tutta la Lessinia è ben viva la tradizione delle «fade» ma in modo particolare lo è qui, nella zona Camposilvano-Conca dei Parpari.

IL MONTE BELLOCCA, uno dei dossi più elevati della zona dei Parpari, è da sempre considerato il loro luogo di ritrovo per antonomasia. Il luogo dove, durante il «sabba», cantano e ballano tutte assieme. Si dice che se sulla cima del monte si batte forte un piede a terra si può sentire il suolo rimbombare perché sotto vi sarebbero le grandi cavità dove vivono le «fade». È vero? In parte sì. Ma non per motivi soprannaturali quanto piuttosto per le caratteristiche geomorfologiche del luogo che, essendo carsico, sotto la cotica erbosa spesso nasconde piccoli inghiottitoi, cioè cavità vuote dove percola l’acqua piovana. In ogni caso, meglio non pestare troppo il suole e non fare rumore: si potrebbero disturbare le «fade»!

Nel complesso si tratta di una breve ma splendida gita assolutamente priva di pericoli e difficoltà nonché di facile orientamento.

Nei pressi di Camposilvano è possibile visitare il Museo paleontologico e il celebre Covolo. Tutta questa zona è intrisa del ricordo e delle opere di Attilio Benetti. Morto all’età di 90 anni, Benetti è stato per mezzo secolo la memoria storica della Lessinia ma anche un’autorità riconosciuta nel mondo della geopaleontologia, che gli ha dedicato due nuove scoperte: il brachiopode «Benetticeras Benettii», esemplare unico al mondo e l’ammonite «Lessinorhynchia Benettii», di cui sono stati trovati altri esemplari, ma la prima scoperta e classificazione è universalmente riconosciuta a Benetti.

Viveva a Camposilvano di Velo Veronese dove, dopo una vita come lavoratore nelle miniere del Belgio, aveva realizzato proprio nei pressi del celebre Covolo (una grande cavità ipogea che rientra fra i tesori del Parco naturale regionale della Lessinia) un piccolo ma completo museo di fossili e minerali. Era anche scrittore ed ha pubblicato diversi libri aventi per tema leggende e racconti tratti dai filò della Lessinia.

Eugenio Cipriani

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