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Piano di gestione dei lupi:
la bozza non piace a nessuno

Per difendere gli allevamenti potrebbe essere introdotta una deroga alla legge che a partire dagli anni Settanta considera il lupo specie particolarmente protetta e quindi non cacciabile.

Tutto è legato a un piano di gestione del grande carnivoro che il ministero dell'Ambiente e le Regioni starebbero predisponendo per prevedere una deroga alla legislazione italiana ed europea in materia.

Il piano lo sta predisponendo l'Unione zoologica italiana e proprio Luigi Boitani, oggi docente di Zoologia alla Sapienza che quarant'anni fa, da studente, grazie a un finanziamento del Wwf, cominciò a studiare gli ultimi lupi appenninici, diventando paladino della loro tutela e tra i più ascoltati esperti della specie a livello mondiale, lo ha presentato a un recente incontro a Cuneo durante la conferenza organizzata da Life WolfAlps, il progetto europeo di tutela e conservazione del lupo al quale partecipa anche la Regione Veneto.

Sarebbe così accolta la proposta avanzata non più tardi di un paio di settimane fa dai sindaci dell'Alta Lessinia e dal presidente della Provincia Antonio Pastorello che si erano proposti di chiedere a Regione e ministero dell'Ambiente di avviare le pratiche per la revisione delle norme di legge che tutelano il lupo come specie particolarmente protetta, ovvero la legge sulla caccia 157/1992 e il Decreto del presidente della Repubblica 357/1997 che attua la direttiva comunitaria «Habitat» 92/43/CEE.

Boitani ha ipotizzato che sia stato fatto un buon lavoro, «poiché la bozza ha scontentato sia chi vuole eliminare il lupo sia chi chiede che il lupo venga protetto “senza se e senza ma”».

Ma il motivo è presto spiegato, se è vero quello che La Stampa ha anticipato: si potrebbe sparare al lupo «quando sia stata dimostrata l’impossibilità di contenerne l’aggressività verso greggi o animali domestici e quando si siano rivelate inefficaci tutte le altre difese, come le reti, i cani maremmani, i recinti elettrificati o, cosa dimostratasi fondamentale, la costante presenza dell’uomo».

In pratica se un lupo che superasse uno sbarramento “da campo di concentramento”, si sbarazzasse di un guardiano feroce come un pastore abruzzese e alla fine avesse anche da fare i conti con il pastore che non lo starà certo aspettando a mani nude, allora gli si potrebbe sparare.

In effetti non si sparerebbe a un lupo ma a un fenomeno, perché un'eventualità del genere sarebbe tanto remota quanto la possibilità che sia l'agnello a sbranare il lupo.

Per questo scontenterebbe chi ha già il dito sul grilletto e chi si straccia le vesti solo a sentir parlar di caccia.

Gli ultimi dati forniti al convegno di Cuneo parlano di una popolazione di circa duemila lupi sugli Appennini e di 150 sulle Alpi, dalla Liguria al Friuli, secondo il monitoraggio svolto lo scorso inverno da Life WolfAlps sull’arco alpino.

Ci sono ventuno branchi in Piemonte con quattro coppie riproduttive, uno in Valle d'Aosta, uno in Lessinia, a cavallo fra Veronese e Trentino. Una coppia è segnalata in Friuli e tre esemplari solitari vagano fra Lombardia e Trentino Alto Adige.

Da noi, come hanno dimostrato i dati aggiornati al 31 dicembre dell’anno scorso, sono cresciuti gli episodi predatori, ma sono diminuiti, seppur di poco (48 contro 54) i capi predati nel 2015 rispetto all'anno precedente, pur restando sostanzialmente stabile il numero dei lupi cacciatori (13 nel 2015 contro 11 l'anno precedente).

Sarebbero invece stabili le predazioni in provincia di Trento (12 contro 11) se non ci fosse stato il picco di sette pecore uccise sul Carega, probabilmente da un esemplare in dispersione, che ha portato il totale del 2015 a 19 capi predati. V.Z.

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