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Paola e Isotta
«A caccia» di lupi
giorno e notte

Paola Giacomini, 36 anni, mentre cavalca Isotta Raminga, Haflinger araba di 24 anni cieca all’occhio destro  FOTOSERVIZIO AMATOUn momento di relax: Paola e Isotta dormono sempre all’aperto sotto un telo steso tra due alberi
Paola Giacomini, 36 anni, mentre cavalca Isotta Raminga, Haflinger araba di 24 anni cieca all’occhio destro FOTOSERVIZIO AMATOUn momento di relax: Paola e Isotta dormono sempre all’aperto sotto un telo steso tra due alberi
Paola Giacomini, 36 anni, mentre cavalca Isotta Raminga, Haflinger araba di 24 anni cieca all’occhio destro  FOTOSERVIZIO AMATOUn momento di relax: Paola e Isotta dormono sempre all’aperto sotto un telo steso tra due alberi
Paola Giacomini, 36 anni, mentre cavalca Isotta Raminga, Haflinger araba di 24 anni cieca all’occhio destro FOTOSERVIZIO AMATOUn momento di relax: Paola e Isotta dormono sempre all’aperto sotto un telo steso tra due alberi

Hanno per tetto il cielo e per pavimento prati e pascoli, ma anche sentieri di roccia dura come il loro carattere. La loro casa sono le montagne, i sentieri che cercano sono quelli del ritorno del lupo sulla corona delle Alpi che va dalle Carniche alle Marittime. Paola e Isotta sono partite insieme, come fanno da dieci anni. Paola Giacomini, 36 anni, è maestra di sci a Bardonecchia in inverno e istruttrice di trekking a cavallo d’estate per l'associazione Alpitrek. Isotta Raminga è una cavalla Haflinger araba di 24 anni, cieca all’occhio destro per colpa di un calcio ricevuto undici anni fa da un cavallo, «quando l’avevo con me da appena un mese», premette Paola.

Intanto Isotta si dimostra poco raminga perché si è appena fatta da Recoaro a Giazza in una giornata, salendo ai 1600 metri della Sella del Campetto, fiancheggiando la Catena delle tre Croci e scendendo per la Val Fraselle e si gode ora il meritato riposo in riva al Progno di Illasi, in questa stagione straordinariamente ricco d’acqua, poco dopo la confluenza fra Revolto e Fraselle.

Sono partite insieme il 4 giugno dal Parco nazionale del Triglav, in Slovenia, da cui proviene il lupo Slavc, che da quattro anni fa coppia fissa in Lessinia con Giulietta, lupa del ceppo italico.

Sperano di essere per il 28 agosto a Entracque (Cuneo) al Centro uomini e lupi del Parco naturale Alpi Marittime dopo aver unito le Alpi in un itinerario che ricalca i sentieri di dispersione dei lupi.

Ma com’è nata quest’idea, chiediamo a Paola, mentre Isotta pascola beata con l’erba più fresca sulla riva del Progno.

«È nata leggendo “Alpinia” di Luigi Dematteis, volume pubblicato da Priuli & Verlucca nel 1975, poderosa opera sulla cultura alpina, trattato di etnografia di una mondo che stava scomparendo. Mi è capitato in mano mentre studiavo un itinerario per le Alpi a cavallo. Nel vuoto che sentivo attorno, di contrade che si spopolano e boschi che si riprendono spazio, ho sentito anche che il ritorno del lupo è una conseguenza di questo, il sintomo di un cambiamento. Ho pensato», continua, «di rifare da terra il percorso fatto sulla carta da Dematteis e capire cosa sia cambiato in questi quarant’anni: il lupo è la chiave per aprire questa porta», spiega Paola, mentre si cucina un tegamino di pasta su un fornellino ad alcol.

Inizialmente aveva previsto di seguire l’itinerario segnato dal radicollare di Slavc attraverso Slovenia, Croazia, ritorno in Slovenia, Austria e Italia. Poi ha capito che i pensieri dei lupi non sono i nostri pensieri e i loro sentieri non sono i nostri sentieri.

«Ma una cosa che mi ha fatto accapponare la pelle è successa quando nei pressi della Caseria di Vallés Alto nelle Pale di San Martino ho cercato un posto dove passare la notte. C’era un tempo infernale, da lupi proprio, e mi sono sistemata sotto il telo, con Isotta quasi invisibile nella nebbia delle nuvole basse. Sentivo solo il vento e il suo respiro. Una notte difficile, fisicamente e psicologicamente. Poi la mattina il proprietario della Caseria mi ha rivelato che nello stesso punto dove mi ero accampata, quattro anni fa Slavc si era fermato per mezza giornata, secondo i dati del radiocollare».

Altro incontro ravvicinato quello di un cervo in fuga con le tracce evidenti di un lupo al suo inseguimento nel fango del sentiero.

Ha un notes dove annota tutto, una fotocamera che fotografa i volti e i paesaggi, un iPad alimentato con due pannellini solari, «ma sono rimasta a lungo con le batterie scariche per colpa del sole che finora si è fatto vedere poco», si giustifica, dove scrive il suo blog di viaggio (www.sellarepartire.it), gli incontri, le scoperte, i dialoghi.

Isotta non parla, ma ascolta e pensa e sa dire quello che vuole: «Quando siamo arrivati in fondo alla Val Fraselle erano le due del pomeriggio e accanto alla fontana Loche mi ha guardata come per dire “Non ti è bastato? Non vorrai mica andare avanti ancora?”».

Il loro viaggio è fatto di sguardi, di intese e di silenzi, ma anche di confronto con esperti di fauna selvatica, di malghesi che ogni stagione confrontano la loro sopravvivenza con quella di un mondo sempre più popolato di lupi, non solo carnivori, ma anche economici e finanziari.

«Anche noi due siamo un piccolo branco, di animali un po’ diversi ma che s’intendono», sorride Paola, mentre Isotta sembra approvare scuotendo la criniera.

Il tesoro raccolto nel primo terzo di viaggio? «Enorme. Per ogni volto che ho incontrato ho “rubato” tutto quanto ho potuto anche se a volte mi sarei voluta fermare per giorni e giorni ad ascoltare. Ho incontrato tante persone che arricchiscono questo viaggio, questo tema del lupo e la mia vita».

Vittorio Zambaldo

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