<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Miracolato in guerra
Addio all’alpino Peloso

Si è spento ieri mattina alle 4 all’ospedale di San Bonifacio, dove era ricoverato da qualche giorno, Gioachino Peloso, 92 anni, di Campofontana, montanaro di tempra forte e di carattere esuberante, che lo hanno sempre fatto uscire vincitore dalle difficoltà della vita dandogli la possibilità di invecchiare in maniera serena.

Imprenditore con molteplici interessi, dall’edilizia al commercio, fu il primo ad avviare il negozio di alimentari di contrada Roncari che è ancora oggi punto fisso di ristoro per quanti frequentano la zona. Appassionato del suo paese e orgoglioso dell’appartenenza al corpo degli Alpini, fu catturato dopo l’8 settembre del 1943 dai tedeschi sul Monte Nero, nell’attuale Slovenia, caricato su un carro bestiame e trasferito a lavorare nelle acciaierie Krupp di Essen-Steele. Scampò miracolosamente al bombardamento alleato dello stabilimento nell’aprile 1945, sfiorato da una scheggia che gli ferì un orecchio. Colpito da tifo petecchiale, fu isolato in un bunker: vedeva solo il sergente Cesare Capitolo che ogni giorno gli portava una bottiglia di tè e poi scappava per timore del contagio. Fu salvato dagli americani che lo trasferirono all’ospedale di Düsseldorf, dove rimase per tre mesi dopo la liberazione prima di esser caricato su un treno per l’Italia. A casa arrivò il 15 agosto del ’45 che pesava appena 37 chilogrammi e fu davvero un miracolo la sua salvezza. «Oggi ringrazio la Madonna per poter ancora raccontare in salute quelle vicende», aveva detto a L’Arena, accanto alla stele votiva con il cappello da alpino che aveva eretto come voto.

Il ricordo dei commilitoni e di chi lo aveva preceduto sulle strade della fatica e dei pericoli fu un pensiero costante che lo accompagnò negli anni, come quando decise di riordinare una galleria sulla vecchia strada da Selva di Progno a Campofontana che era servita come caposaldo nella seconda linea dell’esercito italiano durante la guerra 1915-1918, utilizzato come deposito di armi.

In tempi più recenti molti ricordano il suo impegno a favore dell’ospedale di Tregnago, perché vi fossero mantenuti almeno i servizi essenziali per la gente di montagna.

Si adoperò per la realizzazione della nuova strada che oggi collega San Bortolo con Campofontana ed è stato uno dei grandi sostenitori fin dal suo inizio del Presepe vivente di Campofontana. Lascia la moglie Dina e i figli Gloria, Patrizia, Domenico, Carlo e Laura, con un gran numero di nipoti che lo hanno amato. I funerali si svolgeranno domani alle 15.30 nella chiusa di Campofontana.V.Z.

Suggerimenti