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La questione lupo

Melotti a Boitani:
«Non possiamo
recintare tutto»

La questione lupo
Lupi fotografati da una fototrappola
Lupi fotografati da una fototrappola
Lupi fotografati da una fototrappola
Lupi fotografati da una fototrappola

Hanno fatto male, più delle zanne di un lupo, le parole di Luigi Boitani, massimo esperto di lupi in Italia, docente universitario, autore di pubblicazioni e artefice della legge che negli anni Settanta salvò il predatore dall’estinzione nel nostro Paese.

Nell’intervista pubblicata martedì sull’Arena ha dichiarato: «Dire che c’è pericolo perché i lupi sono vicini alle case è una sciocchezza totale. I lupi passano sempre vicino alle case, solo che non ce ne accorgiamo».

Poi ha rincarato la dose accusando gli allevatori di «rifiuto di lavoro addizionale» che motiverebbe la loro avversione verso il lupo che li costringe a vigliare sul patrimonio zootecnico anziché lavorare altrove. Il sindaco di Bosco Chiesanuova Claudio Melotti si sente tirato in ballo direttamente dopo le ultime prese di posizione davanti alla presenza dei lupi nella frazione Corbiolo: «Come si fa a ostentare una simile sicurezza quando i lupi sono stati ripresi alle 7.30 di mattina in paese, all’ora in cui bambini vanno verso la scuola elementare e prima ancora i più grandi sono fermi alla fermata del pullman per le scuole di Verona? Casi di antropofagia sono documentati non solo 200 anni fa, ma anche recentemente. Se Boitani pensa di essere l’unico depositario della verità forse ha dimenticato perché nei millenni si è costruita questa fama attorno a un simile predatore». «Adesso non sono in malghe sperdute ma in paese. Cosa facciamo? Recintiamo il paese, la piazza, le scuole? Dobbiamo metterci dentro noi per tener fuori dal paese i lupi?», si chiede Melotti.

E sbotta: «C’è solo una prevenzione da fare: prendere i lupi e portarli altrove, anche nel giardino di Boitani se li ama così tanto». È preoccupato il sindaco per le conseguenze che potrebbero derivare da un’aggressione a qualche persona: «Chi ne risponde? Non stiamo parlando di caprette né di una malga, ma di persone e di un paese. Ci prendiamo del cretino per le nostre paure, ma noi ci conviviamo tutti i giorni con i lupi, sappiamo dove sono e che strada fanno i predatori per arrivare sulla piazza del paese in 10 minuti». E in Lessinia da cinque anni il tema si affronta discutendone, nel rispetto delle leggi.

 

Enrico Beltramini, allevatore e pastore di 200 pecore, presidente dell’associazione Salvaguardia rurale veneta, vorrebbe ribattere punto su punto alle osservazioni di Boitani, al quale rivolge l’invito a occuparsi dei cani da compagnia piuttosto che dei lupi, «perché dovrebbe sapere che i danni da abbattimento al branco non esistono se si uccidono le cucciolate, evitando di disgregare il branco».

Nega che ci siano bracconieri e incidenti d’auto a calmierare il numero di lupi, perché in Lessinia solo una lupa è stata trovata uccisa. Quanto ai metodi di prevenzione con cani e recinti, Beltramini ricorda che in Lessinia si pascolano animali da reddito e WolfAlps non ha ancora posizionato i recinti come avrebbe dovuto, lasciando scoperte Malga Lobbia e le Malghe Porto di sopra e di sotto. «E il mio cane border collie i recinti antilupo li scavalca in un balzo, eppure è fisicamente la metà di un lupo della Lessinia», denuncia. Sul lavoro addizionale risponde all’esperto: «Venga in malga e provi a vivere con quel reddito: se scampa ai lupi e al fallimento è bravo davvero». 

Vittorio Zambaldo

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