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«Macché il parco della Lessinia
Qui siamo espropriati di tutto»

Malga Gasparine di Marcantonio Grizzi Tinazzi, presidente dell’associazione Proprietari malghe e terreni della Lessinia
Malga Gasparine di Marcantonio Grizzi Tinazzi, presidente dell’associazione Proprietari malghe e terreni della Lessinia
Malga Gasparine di Marcantonio Grizzi Tinazzi, presidente dell’associazione Proprietari malghe e terreni della Lessinia
Malga Gasparine di Marcantonio Grizzi Tinazzi, presidente dell’associazione Proprietari malghe e terreni della Lessinia

Non usano mezzi termini e definiscono il Parco «una zavorra caricata sulle spalle delle proprietà e delle attività agricole, che ha rappresentato un grosso ostacolo a qualsiasi altro tentativo di sviluppo del mondo rurale della nostra montagna. Ci riferiamo anche alle promesse sempre sbandierate da un certo mondo ambientalista: dov’è il turismo ambientale? Dove sono le altre attività alternative vagamente e variamente ipotizzate?», si chiedono Marcantonio Grizzi Tinazzi e Marco Zambelli, rispettivamente presidente e vice della neonata associazione «Proprietari malghe e terreni della Lessinia».

Torna così prepotente il tema del ritorno economico del parco della Lessinia che fino ad oggi sembra aver zoppicato.

«La Lessinia è caratterizzata da vaste aree destinate al pascolo che, per il 95 per cento della superficie, appartengono a privati. Nell’immaginario collettivo solo la malga e la stalla sono private, mentre tutto il resto, come pascoli e boschi, è di tutti in quanto parte del Parco, ma ciò è un grande equivoco. Chi si sognerebbe mai di entrare in un bel giardino privato senza chiedere il permesso, senza suonare al campanello? Da noi in Lessinia questo succede tutti i giorni, con la massima noncuranza e spesso arroganza, senza alcuna tutela da parte delle istituzioni, che invece cavalcano questo equivoco ed aumentano i vincoli e gli obblighi, incentivando alla fine lo stato di abbandono, senza alcuna contropartita». E il dente duole proprio là dove continua a fare male: «Tra tutte le criticità», continuano i due dirigenti dell’associazione «ricordiamo anche la presenza del lupo, con gli enormi danni che ne derivano e i maldestri tentativi di gestione ad opera delle istituzioni, che ancora una volta hanno agito senza concertazione, con scarsa condivisione dei diretti interessati, cioè allevatori e proprietari terrieri», aggiungono.

Il mancato coinvolgimento dei proprietari terrieri nelle decisioni e nella gestione delle aree private destinate a Parco ha prodotto delle conseguenze a cui la nuova associazione «Proprietari malghe e terreni della Lessinia» vuole porre rimedio. «L’effetto pratico di questo comportamento è quello di imporre un vincolo che implica lo svuotamento e la compromissione, in modo rilevante e fortemente incisivo del nostro diritto di proprietà, causando così un’espropriazione sostanziale», denunciano Grizzi Tinazzi e Zambelli.

«È pur vero che a livello europeo sono previsti strumenti di sostegno allo sviluppo rurale, ma è altrettanto vero che la Lessinia spesso subisce un trattamento di assoluto sfavore rispetto ad altre aree. Soprattutto non è prevista alcuna forma di risarcimento ai proprietari per l’esproprio subito. Stiamo, pertanto, predisponendo mezzi e strumenti necessari per tutelare il nostro legittimo diritto di proprietà, secondo quanto previsto dall'articolo 42 della Costituzione e il conseguente diritto di guadagno e mantenimento del valore patrimoniale», annunciano.

Il primo passo sarà di chiedere nei prossimi giorni la creazione di un comitato paritetico, tra l'associazione «Proprietari malghe e terreni della Lessinia», la Regione e il Parco, «per individuare i criteri per la quantificazione dei mancati redditi e diminuzione del valore del patrimonio, ma soprattutto per inaugurare una collaborazione continua e permanente volta alla sopravvivenza delle proprietà e delle attività tradizionali della Lessinia», aggiungono.

Grizzi Tinazzi e Zambelli ricordano che «il Parco è nato nel 1990 senza alcuna concertazione e condivisione con i proprietari dei terreni che all'epoca non furono convocati né interpellati e ciò purtroppo non è mai successo anche nei primi 27 anni della sua vita. Anche recenti contatti per trovare qualche forma di concertazione sono stati snobbati dai rappresentati del Parco. Del resto è una creatura calata dall'alto, che in quasi tre decenni non ha portato nessuno dei benefici promessi, ma creato soltanto grossi problemi di ordine burocratico e limitato fortemente qualsiasi possibilità di sviluppo economico», concludono.

Vittorio Zambaldo

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