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«Lupi, se non si interviene
l’alpeggio sarà irto di pericoli»

Alcuni dei cuccioli di lupo nati questa primavera dalla coppia Slavc e Giulietta
Alcuni dei cuccioli di lupo nati questa primavera dalla coppia Slavc e Giulietta
Alcuni dei cuccioli di lupo nati questa primavera dalla coppia Slavc e Giulietta
Alcuni dei cuccioli di lupo nati questa primavera dalla coppia Slavc e Giulietta

Legambiente lancia l’allarme. «Conosciamo la biologia del lupo: senza le misure che chiediamo, quest’anno l’alpeggio sarà irto di pericoli, peggiore di quanto lo sia stato nel 2015».

L’associazione ambientalista traccia un bilancio di ciò che negli ultimi anni è stato fatto – o meglio, non fatto – nell’ambito del progetto Wolfalps per la conservazione del lupo nell’area alpina e prealpina: «D’ora in poi, per proteggere le mandrie dalle predazioni, non basteranno più iniziative come le nostre Notti da lupi dell’estate scorsa, che tra l’altro non riproporremo di certo senza un sostanziale cambiamento della gestione del problema», avvertono Lorenzo Albi e Angelo Mancone della dirigenza di Legambiente.

«Troppi proclami roboanti», aggiungono gli attivisti, «si sono succeduti da parte della politica, senza che ne seguissero azioni concrete».

La strigliata di Legambiente colpisce in particolare Giuseppe Pan, assessore regionale all’agricoltura, caccia e pesca, «il quale non ha risposto alla nostra richiesta di incontro inoltrata ormai cinque mesi fa».

Colpisce poi Sergio Berlato, presidente della terza commissione consiliare della Regione Veneto (Politiche per l’agricoltura e la montagna), «che abbiamo incontrato in ottobre e ha fatto promesse rivelatesi aria fritta»; colpisce infine anche Stefano Valdegamberi, consigliere regionale della Lista Zaia, a causa dei suoi «vuoti proclami», alla pari del «dell’intero gruppo tosiano in Regione».

Gli ambientalisti non risparmiano nemmeno gli amministratori locali. «Le loro dichiarazioni di impotenza», affermano, «nascondono probabilmente la volontà di non contrapporsi al governo regionale che sta colpendo gli interessi della zootecnia in montagna. Proprio da uno dei sindaci, Lucio Campedelli primo cittadino di Erbezzo, era arrivato a maggio l’impegno di fare un’ispezione all’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Non se n’è saputo più nulla».

Dopodiché Legambiente ha scritto, in merito, anche alla Direzione generale dell’ambiente della Commissione europea.

Dopo gli affondi, Legambiente rilancia la proposta per la gestione dei sistemi di difesa condivisa con allevatori e cacciatori: «Si incarichi uno staff tecnico di identificare le modalità e gli strumenti adatti per ciascuna malga, e poi si agisca. Un tavolo al quale siedano faunista, guardiaparco, agente del Corpo forestale dello Stato, rappresentante degli allevatori, dove dibattere sulla scorta di tesi scientifiche», insistono Albi e Mancone, «senza ciarlare di allontanamento, come finora ha fatto una parte della politica».

«Chi infatti prospetta l’allontanamento dei lupi dalla Lessinia o è un incompetente o parla in malafede. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: eliminare il branco esistente significherebbe attirare quelli che vivono nei dintorni: ce ne sono due in Trentino».

«Si deve puntare, invece, alla prevenzione e al raggiungimento della coesistenza: non pacifica, ma possibile».

L’altra esortazione di Legambiente riguarda l’assoluta necessità di censimenti puntuali: sia dei lupi sia della fauna selvatica che costituisce il loro cibo nei mesi in cui non c’è bestiame al pascolo.

«Evitiamo i soliti balletti di cifre o, peggio ancora, come avvenuto in questi giorni, notizie sul drastico calo in Lessinia dei selvatici, calo subito smentito dai guardiaparco e dagli agenti forestali, che nello stesso periodo hanno rilevato la presenza di ungulati».

Secondo i dati del Corpo forestale, i lupi in Lessinia sarebbero 13, più un quattordicesimo spostatosi verso Giazza. Dalla prima coppia di animali erano nati, nel 2013, quattro lupetti, ma solo due di questi erano sopravvissuti. L’anno successivo la cucciolata fu più numerosa, sette, per un totale di 11 esemplari. Nel corso del 2015 si è toccato il numero massimo di 16 lupi, che oggi si è ridotto a 13.

Per quanto riguarda le predazioni, nel 2013 erano state 18, per aumentare fino a una settantina nel 2014 (47 in territorio veronese e 11 in quello trentino), scendendo a 59 nel 2015 appena chiuso. Una riduzione che, secondo Legambiente, «è attribuibile in buona parte alle ronde effettuate con i volontari».

«Urge intervenire», insistono Albi e Mancone, «per dissuadere i lupi dal cacciare sempre sullo stesso territorio, dove sanno di trovare prede facili e incustodite, spingendosi fino ad avvicinarsi alle case, com’è successo pochi giorni fa. Si rafforza infatti nell’imprinting dei lupi la convinzione che dove c’è l’ uomo ci sia anche disponibilità di cibo a buon mercato per la facile predazione sui bovini al pascolo e sugli animali domestici, una realtà cui bisogna porre fine». «Ed è indispensabile una maggiore chiarezza sugli indennizzi agli allevatori i cui animali vengono predati». «Non sappiamo poi perché nessun lupo sia stato fornito di radiocollare per identificarne i luoghi di frequenza. Non sappiamo nemmeno perché l’azione informativa, che è centrale nel progetto, abbia escluso tutte le scuole della Lessinia», elencano concludendo gli esponenti di Legambiente, «neé del resto sappiamo cosa la Regione Veneto intenda fare e finanziare del progetto Life WolfAlps nel 2016».

Lorenza Costantino

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