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In Lessinia

Lupi, nel 2016
predazioni
in aumento

Un lupo: nella Lessinia veronese, in un anno, 65  episodi di predazione
Un lupo: nella Lessinia veronese, in un anno, 65 episodi di predazione
Un lupo: nella Lessinia veronese, in un anno, 65  episodi di predazione
Un lupo: nella Lessinia veronese, in un anno, 65 episodi di predazione

 

Si è chiuso un «annus horribilis» per gli allevatori della Lessinia che hanno visto schizzare verso l’alto il picco delle predazioni su animali domestici attribuite a lupo o canide. Sono state in tutto il 2016 ben 83, in 65 episodi diversi solo nella Lessinia veronese, a cui vanno aggiunte 14 predazioni di cui sono rimasti vittime 12 bovini (1 ferito) e 10 ovini, registrate nella Lessinia trentina dal Servizio foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento.

 

Per il Veronese ne hanno fatto le spese 67 capi uccisi direttamente dai lupi, ma su 18 di questi la verifica condotta dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato, dal guardiaparco e dai veterinari dell’Ulss non ha potuto stabilire con certezza se si trattasse di lupo o cane. In ogni caso la Regione finora ha sempre risarcito anche i capi sui quali erano stati sollevati dubbi ed erano stati classificati genericamente come vittime di canidi. Sedici gli animali feriti, 8 dei quali soppressi perché giudicati inguaribili.

Come negli anni scorsi il primato dei capi aggrediti spetta ai bovini (53) dei quali 45 sono stati uccisi, 8 feriti e tra questi 5 soppressi. Quattro sono stati gli equini, tutti asini, 2 uccisi e 2 feriti. Ben 21 gli ovini (17 uccisi e 4 soppressi) e 5 i caprini (3 uccisi e 2 feriti). Quello di ovini e caprini è il dato che risalta immediatamente rispetto ai conteggi degli anni scorsi: erano solo 7 nel 2012, 4 nel 2014 e nessuno nel 2013 e 2015.

 

Prendendo le predazioni per specie, gli attacchi mortali ai bovini sono aumentati nell’ultimo anno da 45 a 50 (45 uccisi e 5 soppressi), un dato che si potrebbe dire quasi stabile se non fosse che ovini e caprini sono passati da zero a 24 nello stesso periodo preso in considerazione (più le 2 predazioni di ovini in Trentino). Escono da questa raccolta dati le predazioni non denunciate dagli allevatori perché i capi non erano regolarmente iscritti all’anagrafe veterinaria della rispettiva Ulss o i capi scomparsi e trovati dopo troppi giorni per poter stabilire con adeguata approssimazione la causa della morte.

La lettura che se ne può fare è legata alla trasformazione dell’allevamento sugli alpeggi. Malghe lasciate sgombre dai bovini per motivi diversi, non ultimo quello che gli allevatori non vogliono esporre capi pregiati al rischio di attacchi dei predatori, sono state «caricate» con ovini e caprini, prede predilette dei lupi e non solo, perché facilmente attaccabili anche dai cani. La scorsa estate ha pascolato in Lessinia un gregge di ben 700 pecore che l’anno prima non c’era.

 

C’è da aggiungere che nel 2016 si è aperto anche un nuovo fronte che finora era rimasto sottocoperta, quello della Lessinia orientale, nella zona di Campofontana: separata dalla Lessinia centrale dalla profonda insenatura della Val d’Illasi attraverso le diramazioni della Valle di Revolto e della Val Fraselle, per tre anni aveva goduto di questo isolamento geografico che comunque era ipotizzabile non sarebbe durato a lungo, vista la natura dispersiva del branco, da cui si allontanano gli individui adulti alla ricerca di nuovi territori.

Da metà agosto è entrata in campo un’altra novità: quella dei recinti elettrici offerti gratuitamente dalla Regione agli allevatori che si impegnino a montarli e metterli in funzione. Ne sono stati installati in tutto 12, distribuiti in po’ ovunque, ma con identico risultato: dove ci sono non è più stata registrata alcuna predazione.

Vittorio Zambaldo

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