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«Le reti a protezione dai lupi?
Le saltano anche i nostri cani»

«Le reti sono alte un metro e 25: barzellette»: se i lupi costituiscono un problema per gli allevatori in Lessinia, lo sono anche sull’altopiano di Asiago e dei Sette Comuni dove, com’è accaduto sulla montagna veronese, sono stati installati recinti per tenere alla larga dal bestiame gli allevatori.

«Non so se il prossimo anno ritornerò»: lo dice Bepi Rigon, conduttore della malga Galmarara, tra i pascoli dell'alpeggio dove ha trascorso l'estate negli ultimi 28 anni. Vicino a lui il malghese Renato Pozza di malga Galmarara Pastorile annuisce, così come Maurizio Magonara e la figlia Elena, che conducono malga Zingarella. Tre uomini plasmati dalla durezza della montagna, che fissano i boschi e prati asiaghesi, la loro casa da giugno a settembre, con gli occhi umidi. Non sanno se il prossimo anno saranno ancora qui nella Val Galmarara sotto i bastioni del Corno Verde e Corno Bianco, dove cento anni prima i soldati si contendevano ogni metro di terra.

Ora questi uomini, come gli altri 74 che conducono le malghe pubbliche sull’Altopiano, si chiedono se continuare o meno a causa sì del lupo sull’Altopiano, ma anche delle incomprensioni, dell’ abbandono, dell'essere marchiati come parte del problema invece che della soluzione che sta accompagnando la gestione del predatore.

«Il lupo fa il lupo, nessuno c'è l'ha con lui», puntualizza Rigon. «Ma noi siamo stati abbandonati. Tanti discorsi e pacche sulle spalle dai politici non risolvono i nostri guai. Perché qua non viviamo più: si vive con il cuore in gola temendo per la sorte dei nostri capi. Le stesse reti fornite dalla Regione sono una barzelletta: alte 125 centimetri, le saltano i miei stessi cani. I pali forniti sono di plastica sottile, difficili da impiantare visto che il terreno che copre i nostri pascoli è profondo pochi centimetri e sotto c'è solo roccia. Le raffiche di vento ne hanno già divelto alcuni. Ci sentiamo presi in giro. Eppure siamo noi i bugiardi, siamo noi che non sappiamo fare i malghesi, siamo noi con il dito puntato contro da alcuni pseudoesperti e dall'opinione pubblica delle città».

«Eppure in quest'estate torrida», conclude Rigon, «si sono visti pochi escursionisti e ciclisti: come mai, mi chiedo? Che sia la mancanza di denaro, un cambio delle tendenze turistiche oppure anche chi viene tra le nostre montagne, visto che sono principalmente di una certa età o famiglie, teme un incontro ravvicinato con il lupo? Non so la risposta ma anche questo è un danno per noi».

«Da qualche anno ci sono poca erba e poca acqua», aggiunge Pozza, «e assieme a queste complicazioni dovute al meteo, e che probabilmente ci costringeranno a scaricare le malghe prima del tempo, ci si aggiunge il lupo. La difficoltà di radunare i capi ogni notte nei recinti prolunga la nostra giornata fino a oltre il tramonto e dopo poche ore siamo nuovamente in piedi per condurre gli animali verso prati ancora pascolabili».

«Mio papà e mio fratello Luca non dormono da settimane», racconta Elena,la figlia. «Ogni rumore, ogni abbaio dei cani provoca un allarme. Dopo un attacco subìto dal gregge - era a inizio luglio - non c'è più pace. Ed è inutile che ci parlino di cani: i nostri, pur addestrati a proteggere il gregge, quando si sono trovati davanti quattro lupi sono indietreggiati. Erano letteralmente terrorizzati. È stata una scena straziante». G.R.

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