<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Le contromosse a garanzia degli allevatori

Il veterinario Antonio Scungio e il sindaco di Bosco Chiesanuova Claudio Melotti al convegno
Il veterinario Antonio Scungio e il sindaco di Bosco Chiesanuova Claudio Melotti al convegno
Il veterinario Antonio Scungio e il sindaco di Bosco Chiesanuova Claudio Melotti al convegno
Il veterinario Antonio Scungio e il sindaco di Bosco Chiesanuova Claudio Melotti al convegno

Tutto esaurito in sala Olimpica del teatro Vittoria, a Bosco Chiesanuova, per la presentazione del progetto Pro-Life Lessinia, partito da due mesi per iniziativa dell’associazione Salvaguardia rurale veneta e fatto proprio successivamente da otto Comuni dell’alta Lessinia che si sono tassati complessivamente per oltre 14mila euro. Fino alla fine dell’alpeggio, come ha spiegato Antonio Scungio, veterinario responsabile del progetto, si dedicherà a quattro azioni: il monitoraggio dei branchi di lupi presenti; l’analisi delle predazioni; la valutazione e l’individuazione dei mezzi e delle tecniche di difesa; l’intervento e il supporto medico-veterinario e legale agli allevatori in occasione delle predazioni. In premessa il sindaco di Bosco Chiesanuova Claudio Melotti, presente al tavolo dei relatori con i colleghi o i vicesindaci di Sant’Anna d’Alfaedo, Erbezzo, Cerro, Roverè, Velo e Selva di Progno, aveva precisato che con la fine del progetto Life WolfAlps sono venute meno anche alcune procedure collaudate in questi anni e a cui gli allevatori della Lessinia si era abituati a fare riferimento, in particolare al sopralluogo dei carabinieri forestali e del guardiaparco in caso di predazione, ma ora, per delibera regionale, le competenze fuori dalle aree protette passano direttamente alla Provincia attraverso la Polizia provinciale o l’Ufficio caccia. Pro-Life diventa un osservatorio e un aiuto: «Sarà un sistema di rilevamento periodico per avvisare e consigliare chi lavora sul territorio», ha detto Scungio, «monitorare i lupi, il loro numero, i siti di frequentazione, i posti dove cacciano, la classe d’età delle prede. Serve a delimitare aree a rischio e individui a rischio e per scegliere le misure di difesa e di deterrenza, perché è vero che funzionano quelle adottate finora, come i recinti elettrici, ma è anche vero che il lupo è un animale intelligente che osserva e prende nota. Attacca solo quando è quasi del tutto certo di poter ottenere il massimo del risultato dal suo punto di vista. L’attacco a un gregge, ad esempio, recintato e con cane all’interno, può richiedere anche settimane di osservazione da parte del branco prima della sua razzia». Il veterinario ha dato anche indicazioni precise in caso di predazione: «Non toccare né spostare la carcassa per evitare di cancellare eventuali tracce. Evitare che si avvicinino persone o animali domestici che potrebbero inquinare i dati di alcuni rilievi. È importante che prelievi e manipolazioni siano fatti solo da veterinari autorizzati, perché ci sono rischi di contaminazione per malattie anche gravi trasmissibili all’uomo». Scungio sarà sempre presente, quando chiamato, come veterinario di parte ed ha riconosciuto che il Parco (erano presenti il commissario straordinario Stefano Angelini e il direttore Diego Lonardoni) negli ultimi tre anni ha fatto un lavoro importantissimo di rilievo e comunicazione, «ma ora si vuole fare un lavoro più approfondito e per questo conterò sulla collaborazione fondamentale dei cacciatori delle riserve alpine della Lessinia e degli allevatori che con le loro osservazioni forniscono elementi fondamentali sugli avvistamenti e sugli spostamenti dei predatori, oltre che sul cambio di atteggiamento negli animali che allevano». L’ipotesi che Scungio ha fatto è che dai dati dei censimenti sugli ungulati selvatici oggetto di caccia di selezione in Lessinia, sembrerebbe esserci «una diminuzione degli areali di caccia dei lupi, ma un aumento del numero di branchi». Elisabetta Peloso, vicesindaco di Selva di Progno, ha richiamato con forza la specificità della Lessinia «che non è un territorio come gli altri colonizzati dai lupi, perché abbiamo peculiarità che altrove non hanno e ora non abbiamo più bisogno di chiacchiere ma di fatti: noi abbiamo cominciato, aspettiamo che le istituzioni facciano la loro parte». Lucio Campedelli, sindaco di Erbezzo, ha ribadito il concetto che la convivenza lupo-allevamento è impossibile: «Bisogna scegliere quale futuro vogliamo. Se il nostro punto di forza è l’ambiente che stiamo cercando di inserire nell’albo dei paesaggi storici rurali, dobbiamo avere presente che questo paesaggio non è il risultato della presenza del lupo, ma di secoli di lavoro dell’uomo che lo abbandonerà se non avrà possibilità di continuare a restarci con un reddito sufficiente». Marisa Zoppi, assessore a Roana, sull’Altopiano dei Sette Comuni, ha chiesto un coordinamento a livello superiore: «Il lupo è presente da vent’anni sulle Alpi occidentali ma non si è fatto nulla. È arrivato in Lessinia e lo scenario si ripete, come si ripete nel Vicentino e nel Bellunese. Troviamo il modo di coordinarci per avere la forza di una domanda comune che ottenga a livello regionale, statale ed europeo la risposta che ci aspettiamo». •

Vittorio Zambaldo

Suggerimenti