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La piccola chiesa
ora ha il suo
soldato della bontà

Il bassorilievo di don Gnocchi deposto nella chiesetta della Conca dei Parpari FOTO AMATO
Il bassorilievo di don Gnocchi deposto nella chiesetta della Conca dei Parpari FOTO AMATO
Il bassorilievo di don Gnocchi deposto nella chiesetta della Conca dei Parpari FOTO AMATO
Il bassorilievo di don Gnocchi deposto nella chiesetta della Conca dei Parpari FOTO AMATO

A Conca dei Parpari c’erano tanti ex allievi del beato don Carlo Gnocchi e c’erano sopratutto la semplicità, il silenzio e la meditazione che sarebbero piaciuti al «soldato della bontà», come lo definì Paolo VI quand’era cardinale di Milano. Il raduno, organizzato dal gruppo Alpini di Roverè, era per la benedizione e la posa del bassorilievo che raffigura il beato con uno dei suoi mutilatini, realizzato dallo scultore varesino Giorgio Bernasconi e donato a Silvio Colagrande che ebbe il privilegio, con Amabile Battistello, di ricevere le cornee del sacerdote appena spirato, e poter così vedere. Fu un gesto che nel 1956 colpì molto l’Italia perché ancora non previsto dalla legge e aprì la via alla normativa sulla donazione e il trapianto.

Un anno fa, durante una visita alla chiesetta con il veronese Luigi Gelmini, anche lui ospite dell’istituto di don Gnocchi in seguito a gravi mutilazioni per lo scoppio di una bomba, Colagrande espresse al cavaliere Elio Comerlati, che è custode della chiesetta, la volontà di poter donare la scultura in quel luogo così vicino allo spirito di semplicità e povertà del beato. Grazie all’interessamento di Ilario Peraro, già presidente della sezione Ana di Verona, di Fabrizio Pomari, capogruppo di Roverè, e di Pierino Vanti, capozona di Valpantena-Lessinia, il desiderio si è concretizzato con la collocazione della scultura accanto all’altare, su un supporto dove lo sculture roverese Luigi Scardoni ha impresso il nome del beato.

Nella concelebrazione presieduta da don Maurizio Rivolta, rettore del santuario del beato don Gnocchi di Milano, con i parroci di Roverè e Velo, animata dalla Scola cantorum San Nicolò, diretta dal maestro Gianni Scardoni, il sacerdote ha ricordato «l’uomo di grande umanità ed educatore, prima ancora delle sue opere di carità per le quali è conosciuto in tutto il mondo. Don Carlo non ha lasciato ai suoi ragazzi altro che la certezza che ha voluto loro bene. “Altri potrà servirli meglio che io non abbia saputo e potuto fare”, scrisse nel suo testamento, “nessun altro, forse, amarli più che io non abbia fatto”».

Assente Colagrande, per problemi familiari, Gelmini ha raccontato come è nata l’idea della donazione ed espresso tutta la sua emozione, per lui non vedente, di toccare la scultura. Ha ricordato le parole di don Gnocchi quando fu ospite del suo istituto dopo lo scoppio della bomba che lo privò della vista, della gamba destra e della mano sinistra: «”Anche tu Luigi camminerai tanto come i tuoi amici che oggi sono qui e hanno le gambe buone”», mi disse. «Io non ci credevo, ma sono 64 anni che sono qui a cercare del fare del bene per gli altri, sempre sotto lo sguardo del beato don Carlo a cui devo tanta riconoscenza».

Anche Luisa Arnaboldi, presidente degli ex allievi dell’istituto, ospite per una grave forma di poliomielite che da 10 anni le impediva di camminare e che secondo il parere dei medici non avrebbe avuto alcuna possibilità di rimettersi in piedi, ebbe dal beato parole di incoraggiamento: «”Ce la farai”, mi disse e dal quel giorno mi sono detta ce la farò e in barba a tutti i medici sono 61 anni che cammino. Il miracolo più grande è stato darmi la certezza che Dio ci aveva prescelti, non ci aveva puniti con la nostra infermità».

Un altro ex allievo, Lorenzo Ruffini, ha portato la scultura fino alla chiesetta per la benedizione e il suo collocamento. «Sono molto onorata e grata a Colagrande e Gelmini per aver scelto il nostro paese per donare la scultura in una chiesetta che è simbolo del nostro territorio», ha detto il sindaca Alessandra Ravelli. «È un ponte d’emozioni, questo dono fatto da persone di grande fede e generosità», ha aggiunto il consigliere regionale Stefano Valdegamberi, sottolineando la similitudine dell’opera con le sculture popolari della Lessinia.

Un grazie «per le grandi opere che continuate a portare avanti», lo ha rivolto il capogruppo degli alpini Fabrizio Pomari, agli allievi e agli operatori della Fondazione don Gnocchi.

Vittorio Zambaldo

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