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La pecora della Lessinia?
Per salvarla si deve mangiarla

VELO. Convegno sul futuro della Brogna, l'unico ovino del Veronese che, evitata l'estinzione, conta oggi 2.700 capi. L'obiettivo è semplice: per aumentarne la presenza bisogna incrementare il consumo della sua carne altrimenti agli allevatori non converrà mantenerla
Gregge di pecore Brogne durante la festa di malga Vazzo FOTO AMATO
Gregge di pecore Brogne durante la festa di malga Vazzo FOTO AMATO
Gregge di pecore Brogne durante la festa di malga Vazzo FOTO AMATO
Gregge di pecore Brogne durante la festa di malga Vazzo FOTO AMATO

In quasi trent'anni è passata da razza in via di estinzione a razza in pericolo, meritevole di salvaguardia: c'è stato un rialzo positivo del numero di capi di pecora Brogna dai 600 censiti nel 1987 agli attuali 2.700 distribuiti in 25 allevamenti. Il lavoro della piccola Associazione per la promozione e la tutela della pecora Brogna, l'unica razza ancora esistente di pecora autoctona della Lessinia, è stato finora un buon lavoro, ma c'è ancora tanta strada da fare, come è emerso nel convegno della prima Festa della pecora Brogna organizzato a malga Vazzo di Velo, in concomitanza con la Festa del grano. «Il lupo è tornato perché è tornata la pecora in Lessinia», ha detto tra il serio e il provocatorio il veterinario Piergiorgio Lanza, facendo drizzare le orecchie agli allevatori presenti, ma si spiega: «Certo, considerare ogni elemento del paesaggio e naturalistico come una cosa a sé non giova a nessuno. Serve un discorso complessivo che metta sul tavolo esigenze di un ambiente trasformato e antropizzato come quello della Lessinia con le nuove presenze (lupi, cinghiali e ungulati in soprannumero), con le necessità degli allevatori e dei turisti: se non si guarda alla Lessinia nel suo insieme come ecosistema che deve equilibrare interessi diversi, favorire l'uno o l'altro significherebbe ripetere gli errori del passato e andare incontro al fallimento». Marco Veneri, presidente dell'associazione che tutela la pecora Brogna guarda adesso in avanti: «Buono il lavoro fatto ma adesso serve occuparsi di commercializzazione se non vogliamo vedere ancora la pecora sull'orlo dell'estinzione. Il primo passo è stato quello di togliere la pecora Brogna dal mercato ordinario per tutelare gli allevatori e il loro reddito, istituendo un prodotto a marchio protetto legato al Parco della Lessinia e soggetto a un disciplinare», ha insistito Veneri, ricordando che si stanno facendo i primi passi «ma nel tempo contiamo di fare progressi significativi». Marcello Volani è il veterinario che segue da vicino gli allevamenti e nota che «la razza è conosciuta a livello tecnico e istituzionale. ma pochissimo dal pubblico dei consumatori. L'abbiamo salvata dall'estinzione se si pensa che manuali di veterinaria degli anni Trenta parlavano di pecora comune o pecora dalla testa rossa: si era perso perfino il nome, eppure la Brogna è rimasta in allevamenti di nicchia che l'hanno salvata su un territorio che l'ha vista come primo ruminante utilizzato nella pastorizia fin dall'antichità. Nell'Ottocento c'erano ancora 10mila capi, poi progressivamente sostituiti dai bovini. Abbiamo avuto bisogno di lei per secoli, adesso è lei ad avere bisogno di noi per salvarsi, per questo abbiamo coniato lo slogan un po' provocatorio: mangiala per salvarla», ha sottolineato Volani. Ha un peso in carne di 50-60 chili e partorisce ogni sei mesi, ma l'obiettivo dell'associazione è che ci siano agnelli per tutto l'arco dell'anno per poter contare sulla possibilità di un piatto sempre disponibile e che sia consumato tutto l'animale, non solo la cotoletta sprecando tutto il resto. Non è una pecora a particolare vocazione per il latte, ma c'è qualche azienda che comincia a mungerla e in Lessinia esistevano il mistorin e il pastorin, formaggi a base di latte di pecora. L'assessore provinciale Stefano Marcolini, che è anche presidente del Gal Baldo Lessinia, ha ricordato che è attivo un bando per la «misura 133» che andrà a finanziare progetti di rilancio dell'economia montana fra i quali rientra quello di valorizzazione e tutela della pecora Brogna. «C'è inoltre un accordo con l'università di Verona per un premio a chi presenterà una tesi sul formaggio Monte Veronese ma nulla vieta che per il prossimo anno l'argomento della tesi sia quello della pecora della Lessinia». L'Associazione regionale allevatori veneti, di cui è presidente Luciano Pozzerle, segue con Valerio Castagna tutto il lavoro di schedatura anagrafica dei capi e il libro genealogico: «È importantissimo conservare le tradizioni, perché tutto il lavoro fatto per la tutela della Brogna vale anche per un modello sostenibile di agricoltura, dato che si tratta di una animale che ha bisogno di pochissimi integratori, solo nel periodo post parto, e nel resto della sua vita si ciba di quello che trova in aree impervie che non sono utilizzabili né per lo sfalcio né per il pascolo dei bovini e questo è un aspetto molto interessante in un momento in cui l'alimentazione a base di cereali incide in maniera preponderante sui costi dell'azienda», ha precisato Pozzerle.

Vittorio Zambaldo

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