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La lunga storia dei cimbri raccontata all’università

Giovedì, alle 15, all’università popolare di Lavagno, si parlerà dei Cimbri. I cimbri formano quel popolo che, nel 1287, con il vescovo Bartolomeo Della Scala, proprietario di territori in Lessinia, ebbe il permesso di risiedervi con l’obbligo di «runcare» la terra, cioè dissodarla e renderla fertile. Provenienti dalla Baviera e in parte dalla Bassa Sassonia a causa di difficoltà nelle loro terre, i boscaioli si installarono a Roverè Veronese (allora Roburedum Velli). Insediatisi nella Lessinia, costituirono contrade, luoghi, territori: i cosiddetti «Tredici Comuni della Montagna Alta del Carbon». Da qui l’onomastica, la toponomastica, alcuni usi e costumi, le saghe da essi lasciati nei luoghi dove vissero, con tutto ciò che è retaggio di un popolo. Gli studiosi non hanno finora rinvenuto documenti scritti in cimbro, segno della probabile incapacità di leggere e scrivere di questa gente. Nella seconda metà del ’500 iniziò la diaspora, la dispersione in altri luoghi. A poco a poco, molto probabilmente per difficoltà economiche, essi si spinsero più a Sud e alla metà del 1400, apparvero i primi cimbri a Giazza. Ma la causa maggiore della dispersione furono i matrimoni di uomini cimbri con donne «forestiere». • G.C.

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