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In cella a ventun anni dalla condanna

L’avvocato Alberto FrigottoL’ingresso della caserma dei carabinieri di  San Giovanni Ilarione
L’avvocato Alberto FrigottoL’ingresso della caserma dei carabinieri di San Giovanni Ilarione
L’avvocato Alberto FrigottoL’ingresso della caserma dei carabinieri di  San Giovanni Ilarione
L’avvocato Alberto FrigottoL’ingresso della caserma dei carabinieri di San Giovanni Ilarione

All’epoca della condanna di primo grado a due anni e due mesi, c’erano ancora i pretori perchè non era stata avviata la riforma del codice di procedura penale. Nei tribunale, i capi d’imputazione, le sentenze e le motivazioni si scrivevano a volte ancora a penna e le multe si dovevano pagare in lire. In quegli anni, poi, il problema di migranti e profughi era solo agli albori e non era mai emerso in tutta la sua gravità come in questi giorni talmente pochi erano gli stranieri, approdati nel nostro paese in quegli anni. Sembra un’altra epoca. Eppure l’orologio della vita di Abdallah Jeddar, 59 anni, residente a Vestenanova, è stato portato indietro di 25 anni a quei fatti di riciclaggio di un paio di mezzi agricoli oltre falsificazione delle carte di circolazione. Era il 22 aprile 1997 per la precisione quando il pretore di Casoria nel Napoletano, Alba Ilaria Napolitano lesse la sentenza di condanna contro Jeddar e altri due complici. Lo straniero non era presente in aula all’epoca. E poi non aveva fatto ricorso in appello. Era stato giudicato, quindi, in contumacia nei due gradi di giudizio dove la buona sorte gli aveva voltato le spalle. E forse il 5 maggio scorso quando i carabinieri di San Giovanni Ilarione gli hanno notificato l’ordine di carcerazione della procura di Napoli, non voleva credere ai suoi occhi. Carcere? Due anni e due mesi? E per cosa? Non si sa se il cinquantonvenne si ricorda ancora di quei fatti. Non si sa neanche se ha mai saputo di essere stato condannato visto che non ha mai varcato la soglia di un tribunale in vita sua. Gli restano da giorni sul tavolo quei due fogli nella sua casa di Vestenanova, condivisa col cugino e la sua famiglia. Sono documenti che gli possono segnare per sempre la vita nei prossimi due anni e due mesi. Ma c’era anche un’ ancora di salvezza: trenta giorni per opporsi a quell’ordine di carcerazione. E così Jeddar si è precipitato nello studio degli avvocati Giuseppe e Alberto Frigotto di San Bonifacio che, una volta conosciuta tutta la vicenda, hanno presentato l’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali per il loro assistito al tribunale di sorveglianza di Napoli. E così per il momento l’ordine di carcerazione è sospeso e Jeddar può restare libero in attesa anche che i giudici valutino se la pena è stata prescritta come è stato eccepito dai due legali nella loro memoria. Per i difensori, l’ordinanza dalla procura di Napoli, risalente al 14 novembre 2001 è arrivata ben oltre i dieci anni stabiliti dal codice di procedura penale per eseguire una condanna. Già ma perchè questo ordine di esecuzione della pena è arrivato a così tanti anni di distanza? Fino al mese scorso, Jeddar, ora disoccupato e mai più coinvolto in brutte vicende, risultava irreperibile e i cancellieri della procura di Napoli non erano riusciti a rintracciarlo. In realtà, sulla base del certificato storico di residenza, il cinquantanovenne risulta registrato nell’anagrafe di Vestenanova con tanto di permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Verona dal 1997. Il mistero, quindi, si infittisce ancor di più e venirne fuori appare un vero e proprio rompicapo a meno che non ci si rifaccia alla patologica burocrazia nostrana. Era la notte del 25 ottobre 1993 quando Jeddar, in Italia dal 1987, fu pizzicato dai carabinieri di Casoria in possesso di un trattore e due semirimorchi frutto di un furto e una rapina in compagnia di di due napoletani. I tre furono subito fermati. Con un rapido accertamento, i militari dell’Arma scoprirono che i semirimorchi erano stato frutto di una rapina commessa nel Napoletano il 30 luglio 1993 mentre il trattore era stato rubato il 2 dicembre 1991 vicino a Siracusa. Per i tre la sorte era segnata anche perchè durante le indagini, era emerso che i tre avevano falsificato la carta di circolazione dei mezzi agricoli oltre alle targhe che erano state duplicate. I tre, riportano le carte processuali dell’epoca, non avevano saputo rispondere ai carabinieri sulla provenienza di quei mezzi agricoli. «Le modalità del fermo, avvenuto di notte», riporta la motivazione della sentenza risalente al 1997 scritta dal giudice Napolitano, «il genere dei mezzi rinvenuti e il fatto che erano già stati ripuliti con l’abrasione del numero di telaio costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti anche della loro colpevolezza». In pratica, «i tre erano consapevoli della provenienza delittuosa dei veicoli e della falsità dei documenti di circolazione». Ma il finale di quella brutta storia per Jeddar è arrivato solo dopo 21 anni. Adesso deve attendere il responso del tribunale di sorveglianza di Napoli per conoscere la sua sorte. •

Giampaolo Chavan

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