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Il lupo colpisce un’altra volta
a duecento metri dalla chiesa

Allevatori e abitanti di Campofontana con la manza ferita dal lupo la scorsa notte
Allevatori e abitanti di Campofontana con la manza ferita dal lupo la scorsa notte
Allevatori e abitanti di Campofontana con la manza ferita dal lupo la scorsa notte
Allevatori e abitanti di Campofontana con la manza ferita dal lupo la scorsa notte

A Campofontana oni giorno un bollettino di guerra con animali morti e feriti a causa del lupo. L’ultima manza di 14 mesi è stata predata ieri notte o all’ alba. «Ero stato a controllarle domenica verso le 12.30 e c’erano tutte», riferisce Angelo Domenico Roncari, titolare di un’azienda agricola che conta una cinquantina di animali.

«Stamattina un paesano mi ha chiamato perché ha visto la manza con una zampa insanguinata. Sono corso a vedere: aveva una profonda ferita all’altezza della zampa anteriore destra e graffi e lacerazioni su quella sinistra, oltre ad altri segni della battaglia con il lupo sul collo nel posteriore e sul ventre».

I carabinieri forestali e il veterinario dell’ Ulss 9 hanno confermato che si è trattato di aggressione da lupo e, in accordo con il proprietario, hanno deciso l’abbattimento dell’animale perché le ferite erano talmente profonde e già aperte da troppo tempo, da non consentire di suturare né di prevedere un decorso positivo. Erano 14 le manze nel pascolo in località Casarola, a 200 metri dalla chiesa parrocchiale di Campofontana, in direzione Durlo. Adesso all’azienda agricola di Angelo Domenico Roncari ne sono rimaste 12 perché il 26 giugno l’allevatore aveva già subito una predazione da lupo su una manza della stessa età e proprio nello stesso luogo.

«Qui tengo i capi più giovani, le vacche da latte sono in località Brea. Là non ho subito perdite, ma qui resterò senza manze prima della fine della stagione dell’alpeggio», prevede Roncari.

Non ci sono nel pascolo sistemi di difesa antilupo: l’allevatore non ha chiesto di installare la recinzione fornita gratuitamente dalla Regione, mentre i due dissuasori acustici - installati pochi giorni fa nel pascolo dell’azienda di Luigi, Bruno Lucillo e Nicola Pagani che ha già subito due predazioni vicino al pascolo di Roncari e una la settimana scorsa in Malga Lobbia - da soli non sortiscono l’effetto sperato: potrebbero anzi essere la causa del ferimento dell’animale perché entrano in funzione alternandosi ogni quarto d’ora. Nella pausa di silenzio può inserirsi la predazione del lupo, che si allontana poi abbandonando la preda ferita senza cibarsene, nel momento in cui entrano in funzione i suoni registrati. Potrebbe anche trattarsi di altro genere di disturbo, vista la vicinanza al paese e l’ orario probabile in prossimità dell’ alba.

Sono 76 i capi predati dai lupi al patrimonio zootecnico della Lessinia dall’inizio dell’ anno: 67 uccisi e 9 quelli feriti e poi soppressi.

Nello stesso periodo del 2016 (fino al 14 agosto) i capi predati erano 35 ed è evidente il raddoppio, con la prospettiva di raggiungere a breve il totale del 2016 (83) e di superarlo ampiamente entro la fine dell’anno, considerando che il picco delle predazioni va proprio dalla metà di agosto alla metà di ottobre. Gli attacchi sono stati finora 54 contro i 30 dello stesso periodo 2016. Ha inciso fortemente l’attività dei lupi in Lessinia orientale, in particolare nella zona di San Bortolo e Campofontana.

Non è ancora provato scientificamente (sono stati raccolti reperti biologici, ma si attendono le analisi del Dna) che esistano due branchi distinti, ma tutto ormai lo fa supporre. I tre lupi visti in Val Fraselle a fine 2016 potrebbero aver costituito un nuovo gruppo (si parla di branco solo in presenza di nascite) stabile in alta Val d’Illasi e al confine col vicentino.

Elisabetta Peloso, vicesindaca di Selva e residente a Campofontana, ha solo una domanda per i vertici della Regione: «Abbiamo chiesto il riconoscimento dello stato di emergenza per derogare in caso di necessità evidente come questo alle norme di tutela del lupo. Non ci è arrivata risposta. Quante predazioni dobbiamo subire ancora prima di veder riconosciuto il nostro diritto?».

Vittorio Zambaldo

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