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I racconti di Lotte, salvezza e memoria di Giangi

Lotte a servizio dei Reichenbach
Lotte a servizio dei Reichenbach
Lotte a servizio dei Reichenbach
Lotte a servizio dei Reichenbach

La storia dei fratelli Reichenbach, raccontata su L'Arena, nell’aprile del 2009 fu letta on-line qualche mese dopo dall'israeliano Michael Merose, che aveva trovato fra le carte della mamma Charlotte (Lotte) Steinacher delle lettere a lei indirizzate a Verona dalla Germania, mentre era la tata dei piccoli Reichenbach negli anni 1933-34, quando Gian Giacomo aveva sei anni e suo fratello Giancarlo ne aveva tre.

Gian Giacomo nei suoi racconti al cronista aveva detto espressamente che la loro salvezza fu dovuta propria a queste tate ebree tedesche che lavoravano nella sua famiglia e che anticiparono nei loro racconti quello che stava succedendo in Germania, quando ancora in Italia non erano state promulgate le leggi razziali, che arrivarono nel 1938.

«Raccontarono a mia madre, Marcella Jenna, sorella di Ruggero e di Lina Arianna, entrambi poi morti ad Auschwitz, dell'odio razziale, delle persecuzioni, delle sparizioni, a partire dall'ascesa al potere di Hitler nel 1933 e dalle leggi razziali di Norimberga di due anni dopo», disse a L'Arena Gian Giacomo.

La famiglia non fu affatto impreparata quando le leggi razziali crearono anche in Italia un clima pesante e sopratutto quando, dopo l’8 settembre del 1943, l’Italia fu occupata dai nazisti e Verona divenne centro strategico della Repubblica di Salò e sede delle SS e della Gestapo.

La busta ingiallita con un indirizzo curioso «Famiglia Reichenbach, corso Vittorio Emanuele 103, Verona (Italien)», mosse il figlio Michael, sessantenne discendente da ebrei tedeschi emigrati prima della seconda guerra mondiale in Palestina e residente a Ra'anana, a una ventina di chilometri a nord di Tel Aviv a indagare. Decise di saperne di più perché gli ritornavano alla mente i racconti di sua madre Lotte Steinacher, che gli parlava di «Giangi» e di Verona, quando, appena ventiduenne, per raccogliere i soldi necessari a trasferirsi dalla Germania nazista in Palestina, aveva accolto l'invito dei suoi genitori di passare qualche mese a Verona come fräulein, la tata dei bambini in una benestante famiglia della borghesia ebraica che chiedeva una ragazza di lingua tedesca per l'educazione dei propri figli.

«Ho digitato Reichenbach e Verona sul motore di ricerca Google e ho trovato l’articolo dell’Arena», spiegò Merose, cioè la storia di come i fratelli Reichenbach e la loro famiglia si salvarono dallo sterminio». Scrisse in inglese a Gian Giacomo Reichenbach ed ebbe la conferma che «Giangi», il bambino di cui sua madre parlava spesso nelle lettere era proprio lui, chiamato con quel diminutivo affettuoso in famiglia.

Lotte tornata in Germania con i soldi guadagnati nel suo anno di lavoro a Verona, decise di trasferirsi in Israele e fu la sua salvezza. Visse a Gerusalemme fino al 1941, quando sposò Rudolf Rosenfeld, ebreo originario di Norimberga.

Si trasferirono in un piccolo villaggio costruito nel 1936 proprio per accogliere gli ebrei tedeschi. Ci fu un avvenimento che cambiò la loro vita e anche questo legato all'Italia. Un aereo della nostra aviazione schierata in Nord Africa assieme all’Afrika Korps tedesca era stato inviato a bombardare le raffinerie petrolifere britanniche di Haifa, in Palestina, ma il pilota sbagliò obiettivo e fece cadere delle bombe su Tel Aviv. Scoppiò il panico, perché molti si convinsero che presto i nazisti avrebbero attaccato la città e cominciò l'esodo degli sfollati verso le campagne circostanti.

Fu così che i genitori di Michael cominciarono ad affittare alcune camere per integrare il loro reddito. Alla fine della guerra la casa fu ampliata con altre stanze e diventò un albergo pensione che fu il reddito principale della mia famiglia Rosenfeld, che anche dopo aver conquistato il benessere economico non volle più tornare in Germania dove i nazisti avevano ucciso la nonna di Lotte, deportata nel campo di sterminio di Treblinka, nell'attuale Polonia, suo fratello e sua sorella, morti a Theresienstadt, e la zia del papà.

Michael stesso volle cambiare cognome, lasciando quello tedesco del padre Rosenfeld (campo delle rose) e prendendo quello di Merose, che è il nome di una località menzionata nella Bibbia e che conserva comunque nel suono il richiamo alle rose.

Lotte si spense nel 1999 a 89 anni ma in vita, di tutta quella vicenda, parlò solo per raccontare di «Giangi» e delle sue lezioni di tedesco a due piccoli bambini veronesi, senza aver più saputo quale era stato il loro destino. V.Z.

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