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I Cimbri, il popolo che cambiò volto alla Lessinia

Una contrada della Lessinia
Una contrada della Lessinia
Una contrada della Lessinia
Una contrada della Lessinia

Un’enciclopedia dei Cimbri, una sintesi di un’abbondantissima letteratura (Giovanni Rapelli parlava di quasi 700 pubblicazioni sul tema quando si era ancora alla fine degli anni Novanta) è l’ultima nata, partorita da un team di studiosi molto affiatati, geografi, storici, linguisti, cultori appassionati della Lessinia: Cimbri dei Monti Lessini è l’elegantissima pubblicazione uscita con i tipi di Gianni Bussinelli, meritorio editore delle tradizioni e della storia veronese. Sono 408 pagine in grande formato (35 euro), impreziosite da un notevole apparato iconografico a colori che saranno presentate domani alle 17.30 nella sala convegni della Banca Popolare di Verona-Banco Bpm in via San Cosimo 10 a Verona, introdotte da Sergio Bonato, presidente dell’Istituto di cultura Cimbra di Roana sull’Altopiano dei Sette Comuni. La riflessione sarà accompagnata dalle musiche del maestro Emanuele Zanfretta con il suo gruppo e dagli interventi di Carlo Fratta Pasini, presidente del Banco BPM, di Michele Zanotto, della Fondazione Giorgio Zanotto, enti che hanno patrocinato la pubblicazione. LA RICERCA è stata promossa dal Museo etnografico «L’ uomo e l’ambiente in Lessinia» di Bosco Chiesanuova, dall’ Accademia della Lessinia e dal Curatorium Cimbricum Veronense e curata da Ugo Sauro, Ermenegildo Bidese, Ezio Bonomi e Vito Massalongo. Nel volume si trovano contributi anche di Angelo Andreis, Bruno Avesani, Raffaello Canteri, Carlo Caporal, Ettore Napione, Marco Pasa, Laura Ragnolini, Giovanni Rapelli, Antonia Stringher, Marta Tezza, Stefano Valdegamberi e Fernando Zanini. Divisi in nove sezioni, il libro affronta i temi dell’origine dei Cimbri, della colonizzazione, dell’ambiente e vita sui Lessini, di lingua, tradizioni, religiosità, ricostruendo anche i tratti di personaggi famosi studiosi dei Cimbri e concludendo prima della citazione di fonti e di una ben documentata bibliografia, con un capitolo curato dallo stesso Sauro su quale sarà il futuro. Accurato e documentato, non è però un libro per esperti, quanto piuttosto di alta divulgazione che delinea un quadro organico su quanto sinora investigato in centinaia di pubblicazioni e offre nuovi spunti e approfondimenti in grado di stimolare ulteriori studi. Quando arrivarono i Cimbri, tutta la fascia a valle degli alti pascoli, compresa tra gli 800 e i 1.500 metri di quota, era ancora occupata da una foresta primaria di grandi faggi che i boscaioli cimbri hanno disboscato producendo carbone di legna e commerciandolo con la città e i grandi centri di fondovalle. NEL CONTEMPO realizzavano un sistema di tessere ambientali incentrate in un primo momento su dei masi unifamiliari e quindi su nuclei abitati che sono le contrade come le vediamo oggi, costruite in funzione dell’uso agro silvopastorale del suolo circostante. Ne è nato uno straordinario e armonioso paesaggio seminaturale, frutto di inventiva e strategie opportunistiche nella localizzazione dei nuclei, nelle soluzioni architettoniche e nelle delimitazioni degli appezzamenti con un uso oculato ed equilibrato delle risorse. In questo singolare mondo montano caratterizzato anche da un’architettura unica al mondo, che ha saputo sfruttare intelligentemente l’uso della pietra, la prima perdita importante è stata la lingua, un dialetto tedesco altomedioevale, che si è evoluto, contaminandosi con il veneto e poi l’italiano e che si è ormai conservato solo nell’ isola linguistica di Giazza e negli ultimi discendenti emigrati dal paese. L’attacco più recente è quello della globalizzazione, che ha modificato anche il rapporto montanari e ambiente, con l’abbandono delle contrade, lo sfruttamento intensivo dell’allevamento e dell’utilizzo della pietra per attività esterne alla Lessinia e del tutto scardinate dalla realtà locale. Il libro permette di «entrare» in questo antico mondo, e la foto di copertina, la vecchia porta di un baito comunitario di contrada, sprangato da un arrugginito catenaccio, unisce tutti gli elementi che hanno fatto la storia di questo altopiano: la pietra, il legno, il ferro e l’attività casearia. •

V.Z.

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